Sì, è anche colpa mia

Sì, è anche colpa mia

Sono un uomo, ho 26 anni e sto prestando servizio civile presso il comune di Modena. Ma sono anche un ragazzo con una forte passione per la musica e un grande interesse per l'attualità. Sono di sinistra e soprattutto antifascista ma non è questo il luogo – per il momento – dove discutere dello stato della sinistra di questo Paese.
Sto scrivendo queste righe, non per mettermi in mostra, non per prendermi applausi (dei vostri me ne importa anche meno) e fare bella figura ma per dire che sì, è anche colpa mia se Giulia Cecchettin è stata uccisa dal suo ex-compagno.
Non voglio stare qui a fare la descrizione morbosa del Femminicidio, quella ci pensano già i giornali ma del fenomeno degli uomini che si mettono a piangere appena li si affossa la colpa per l'ennesimo caso di omicidio di una donna in quanto donna.
Sono stanco di aprire Facebook, X (ex-Twitter) et similia e ritrovarmi video di boomer, rigorosamente maschi, che esprimono una opinione su un argomento che non li riguarda e che fanno il classico mansplaining a chi, l'argomento, lo conosce (e lo vive) purtroppo molto bene.
Sì, la società è patriarcale e maschilista ed è per questo che va rieducata attraverso l'educazione sessuale ed emotiva che tanto spaventa (soprattutto la destra italiana). Sì, il cambiamento fa paura e accettarlo è un grande passo di maturità. Non vedere invece che c'è un problema alla base invece indica il livello di onestà intellettuale pari a zero.
Leggo pareri che descrivono che un tempo questo fenomeno non esisteva, dimenticando (?) il delitto d'onore, il matrimonio riparatore e gli aborti fatti con le grucce, dimenticando che fino al 1974 non c'era il divorzio. Ammettiamolo, certa propaganda, si diverte a dimenticare parti scomode alla loro narrazione.
Leggo di maschi che per andare contro questa narrazione del femminicidio onnipresente in Italia usano le statistiche europee dichiarando che in Lettonia o in Germania ne commettono di più escludendo il dato che il 60% degli omicidi avviene tra le mura domestiche. Vi rendete conto che per loro è una gara e non un problema sistemico diffuso anche a livello europeo?
Anche quando sto scrivendo queste righe mi chiedo “ma è giusto che ne parli io?” quando so di sbagliare, so che sbaglio quando guido e critico una donna per come guida, so che sbaglio quando penso che una donna debba stare attenta a quando esce di casa, so che sbaglio quando camminando per la strada vedo una donna e cambio strada per tranquillizzarla.
Basta vedere come stanno reagendo alle parole della sorella di Giulia, Elena. Siamo arrivati a questo ad attaccare la sorella vittima di un femminicidio solo perché ha denunciato quello che alla maggior parte dei miei coetanei e adulti sembra difficile capire: viviamo in una società patriarcale.
Se c'è un inglesismo che mal sopporto è Uscire dalla Comfort zone ma l'eccezione conferma la regola no? E allora perché non invitare una generazione maschilista ad aprire gli occhi ed ad accettare il cambiamento che deve esserci.
Prima di pubblicare questo scritto ho chiesto un parere ad una mia amica e mi ha aperto gli occhi: questo articolo è becera retorica che non porterà a niente, perché bisogna passare dall'Io al Noi, bisogna instaurare un dialogo tra noi maschi, non avere paura di aprirsi, di piangere, di urlare il nostro dolore davanti alle persone a cui vogliamo bene.


Ho terminato, torno ad ascoltare gli Idles e la loro "Samaritans"

"The mask
Of masculinity
Is a mask
A mask that's wearing me
The mask, the mask, the mask

I'm a real boy
Boy, and I cry
I like myself
And I want to try
This is why you never see your father cry"

Luca "Pezz" Pezzett