Premio Legalità e Territorio 2020: intervista a Irene Pachera

Stradanove intervista Irene Pachera, premiata insieme a Giuseppe Caruso e a Lara Campana

Premio Legalità e Territorio 2020: intervista a Irene Pachera
Irene Pachera, vincitrice premio Legalità e territorio 2020

Parlaci un po’ di te!

Mi chiamo Irene Pachera, ho 25 anni e vivo in provincia di Verona. Mi sono laureata in Economia e management a Trento e sto frequentando il corso magistrale di Economics and Public Policy qui a Modena.

Perché hai scelto il tuo indirizzo di studio?

Ho scelto questo corso perché la parte di economia pubblica è quella che mi interessa di più e quello di Modena mi sembra, in Italia, uno dei più centrati e completi sull'argomento.

Cosa ti ha spinto a partecipare al premio “Legalità e territorio”?

Apprezzo molto il fatto che l'Amministrazione sia aperta a idee "dall'esterno" e, in particolare, di noi giovani universitari: è sempre utile avere una prospettiva diversa. Inoltre è gratificante che ai nostri elaborati venga dato anche un riconoscimento economico: spesso le tesi di laurea o addirittura alcuni esercizi degli studenti sono dei veri e propri lavori di analisi e valutazione.

Da dove hai tratto ispirazione per il tuo elaborato?

Purtroppo, visto che mi sono occupata di lavoro dipendente sommerso, il punto di partenza è la mia esperienza personale: in due occasioni mi sono trovata a lavorare in nero. All'epoca c'erano i voucher e, nonostante fossero semplicissimi da utilizzare, comunque i miei "datori di lavoro" alla fine mi hanno pagata in contanti. Non c'era alcun tipo di complicità e io ci ho rimesso alla grande: avrei guadagnato molto di più se fossi stata pagata regolarmente, non era una situazione in cui "ci spartiamo" la parte evasa, il "vantaggio" era tutto loro. Eppure, non ho denunciato la cosa a nessuno. Se mi venissero i ladri in casa, sporgerei denuncia? Certamente. Perché, allora, se vengo derubata in questo modo, non mi attivo per far valere i miei diritti?
Inoltre, quando qualche anno dopo mi sono informata su come segnalare l'accaduto alla Guardia di Finanza, ho trovato molte resistenze intorno a me, come se fossi io quella che stava facendo qualcosa di sbagliato e come se stessi rischiando di cacciarmi in chissà quale guaio.
Nel mio lavoro ho cercato di verificare se e quanto esperienze come la mia siano diffuse.

Parlaci dei contenuti salienti

Mi sono concentrata sulle frizioni che possono esserci fra il lavoratore che subisce l'abuso e le autorità che dovrebbero tutelarlo. In pratica: perché, quando subiamo il lavoro in nero, non ci rivolgiamo a Guardia di Finanza, Ispettorato del Lavoro, sindacati, ...?
Ho analizzato le risposte (circa 1700) a un questionario sull'argomento.  La maggior parte degli intervistati, modenesi e non, ha espresso un giudizio morale negativo nei confronti degli evasori e ha dichiarato di aver lavorato in nero o di conoscere qualcuno che lavora in nero. Nonostante quasi tutti gli intervistati condannino l'evasione e quasi tutti siano a conoscenza di situazioni di lavoro sommerso, in pochissimi hanno dichiarato di aver segnalato alle autorità queste situazioni (5% in Italia, 7% in provincia di Modena).
Accertato che nel campione intervistato il problema evasione c'è e che manca l'iniziativa da parte del cittadino nel denunciare, ho quindi indagato quali possano essere gli ostacoli a tale azione. La maggior parte dichiara di non ricordare nessuna pubblicità progresso sull'argomento e di non aver mai assistito ad eventi di formazione in contesti istituzionali (es. a scuola) o non (es. sul lavoro).
Prima ancora di pensare a grandi, complicate e lunghe riforme per far emergere il lavoro sommerso, un'indicazione molto operativa che può essere messa in campo anche direttamente dalle Amministrazioni, quindi, è quella di lavorare sulla comunicazione col cittadino.
Infatti, solo l'1% degli intervistati (3% a Modena) dichiara che non ritiene utili le iniziative proposte nel questionario. Le iniziative, in ordine di gradimento da parte degli intervistati, sono istruzione, consulenza personalizzata, media, sito istituzionale, pubblicità progresso, incontri col pubblico.
Aggiungo, come commento personale, che mi trovo d'accordo sul mettere l'istruzione al primo posto: molto spesso nelle note degli intervistati ho letto che si è lavorato in nero nei primi lavori e quindi non si sa come comportarsi e come funzioni le cose. Si è contenti di trovare un lavoretto e si accetta. Alla scuola si chiede già tanto, ma avere futuri lavoratori consapevoli dei loro diritti è essenziale.

Se potessi, cosa cambieresti della nostra società e quali problemi ti piacerebbe risolvere?

Se potessi (e spero veramente di poterlo fare una volta conclusi gli studi), mi piacerebbe contribuire a ridurre le disuguaglianze nella nostra società: lavorare su modelli di tassazione equi ed efficienti, sistemi pensionistici e assistenziali. Sto studiando per questo, vedremo cosa mi riserverà il futuro!

A cura di Giorgia Martin


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