Il ritorno all'università post covid: Intervista ad Alessio Dondi

Stradanove intervista Alessio Dondi, una figura di spicco per la rappresentanza studentesca e non solo

Il ritorno all'università post covid: Intervista ad Alessio Dondi

Ciao Alessio, oggi la redazione di Stradanove è qui per intervistarti e indagare sul ritorno all'università post-covid, ma anche per capire quali sono le difficoltà che noi studenti affrontiamo in questo particolare periodo storico nel quale stiamo vivendo. Il nuovo anno accademico è iniziato da poco e per tutti gli studenti universitari è già un bel traguardo l'aver guadagnato, con tutti gli accorgimenti del caso, il tanto agognato ritorno in presenza nelle aule. Raccontaci quali sono le tue impressioni e qual è la situazione attuale nel contesto accademico.

Non dev'essere facile gestire un ruolo che ti rende portavoce di centinaia di studenti. Cosa ti spinge a svolgere questa mansione? E com'è nata questa “vocazione”?

Quando ho deciso di iniziare questo percorso con l'UDU era il 2016. Appena entrato in università, vista anche la carriera pregressa da presidente della consulta provinciale delle superiori, cercavo un ruolo simile. Da subito ho trovato UDU, la lista storica all'interno dell'ateneo. Oltre ad essere lista di rappresentanza è un sindacato e un'associazione studentesca che si occupa di attività a 360° nella vita universitaria. All'inizio ero militante, dopo un anno sono diventato coordinatore.

La rappresentanza universitaria è totalmente diversa da quella delle scuole superiori, ricca di interconnessioni col mondo esterno. Essendo rappresentante negli organi superiori ma anche nello stesso dipartimento dialoghi con la città, ti rendi conto che gli studenti sono parte del contesto cittadino ed hanno delle esigenze, necessitano di servizi. Da lì ti rendi conto che c'è un mondo intero fuori e nel tuo piccolo puoi cambiare le cose. La vocazione è arrivata col tempo, impegnandosi ogni giorno e vedendo che il progetto crescere, creando una comunità che ricorda tanto una “grande famiglia”.

Veniamo tutti da un periodo difficile, nessuno era preparato ad un'emergenza sanitaria globale, ma com'è stato svolgere il ruolo di rappresentante degli studenti a distanza? Parlaci della tua esperienza.

Prima della pandemia c'era il vantaggio di parlare direttamente e farsi conoscere, c'era il volantinaggio, si girava per le classi. Era più facile interfacciarsi con i docenti e i problemi si risolvevano prima. Dopo il COVID le riunioni in Senato Accademico e in Consiglio di Amministrazione sono diventate più complicate. Dopo la chiusura dell'università si è presentato un ulteriore ostacolo: la sospensione delle elezioni. I ragazzi che uscivano da quel mandato stavano per laurearsi e in determinati dipartimenti non c'erano più rappresentanti. Abbiamo chiesto loro di continuare (in via non ufficiale) a partecipare alle riunioni perchè ce n'era bisogno. Ogni giorno la mail era intasata e ho sempre risposto a tutti, senza lasciare nessuno indietro. Abbiamo da subito chiesto all'ateneo di poter dare i device e i pc, per permettere a tutti gli studenti di seguire le lezioni. E' stato un periodo complicato: in ogni momento dovevamo essere pronti a dare una risposta.

Di recente, assieme agli altri rappresentanti di "Unione Universitaria - Udu Modena e Reggio Emilia” ti sei battuto per ottenere il trasporto pubblico notturno sulla città di Modena, raggiungendo ottimi risultati. Sappiamo che non si è trattato di una sfida facile. Quanto lavoro c'è dietro una proposta di questo tipo? Quali sono le difficoltà che un'associazione studentesca deve affrontare nel momento in cui decide di “lottare” per una giusta causa?

Quando ho aperto la pagina del giornale ed ho letto “L'AUTOBUS NOTTURNO SI FA” ero incredulo. Erano cinque anni che ci stavamo provando. Abbiamo iniziato questa battaglia cercando fin da subito di far capire agli amministratori locali che volevamo l'autobus notturno non per andare in discoteca, perchè molto spesso, quando si parla di giovani si crede che pensiamo solo al nostro orto. Quando invece penso allo studente, io ritengo che sia anche un cittadino. Non è un servizio pensato solo per lo studente, altrimenti avremmo chiesto di fare la navetta. Volevamo l'autobus perchè deve essere un servizio per tutta la cittadinanza, anche per lavoratori e pendolari. Non avere un autobus dopo le 20.30 per noi era inconcepibile.

In un momento in cui il nostro pianeta esige un forte cambiamento dato l'inquinamento altissimo, e Modena è tra le città più inquinate del nord Italia, bisogna investire sul trasporto pubblico per tutti come valida alternativa all'utilizzo della macchina.

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Alessio Dondi e Ivonne delli Carri | Ufficio Rappresentante Studenti | Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali Unimore

Secondo il tuo parere, quanto incide una rappresentanza studentesca efficiente sull'andamento dell'università? E nello specifico come e quanto ha inciso nell'epoca covid la vostra rappresentanza?

Questa è una domanda interessante ed è sostanzialmente quella che ci facciamo tutti i giorni: siamo veramente utili?

Lo siamo perchè nel periodo pandemico gli studenti si sono resi conto che avere una rappresentanza che lavora e che ti ascolta e che pone le tematiche all'ateneo serve. Il fatto di essere presente negli organi collegiali ci permette di segnalare tutti i problemi di vita quotidiana che spesso l'ateneo non percepisce. Abbiamo fatto presente che c'erano studenti che non riuscivano a laurearsi perchè gli archivi erano chiusi e che c'era bisogno di allungare l'anno accademico. Attualmente abbiamo aperto un tavolo di dialogo in UNIMORE per cercare di riprogettare la tassazione universitaria. Sarà un lavoro lungo ma non ci spaventano le sfide. Ci sono volte in cui va bene e volte in cui va male però il nostro ruolo resta necessario.

Per tirare un po' le somme: dopo il rientro in aula in presenza, che risposta c'è stata da parte degli studenti in termini di affluenza?

In termini di affluenza la risposta è stata veramente molto alta. Gli studenti sono contenti di essere tornati in presenza. La DAD può essere un aiuto per una certa categoria di studenti come quelli lavoratori, ma siamo consapevoli come la didattica in presenza sia sempre un valore aggiunto soprattutto in determinati settori, come può essere quello umanistico. Ci sono state delle difficoltà come il sovraffollamento della aule di alcuni atenei, dei provvedimenti sono in atto. A Reggio Emilia c'è stata l'acquisizione del seminario ed un intero dipartimento è stato spostato lì. Anche a Modena ci sono già dei piani di ristrutturazione e creazione di nuovi poli e alloggi per studenti.

Quali sono state le problematiche più difficili da sciogliere con l'inizio del nuovo anno accademico?

Come già detto, il tema del sovraffollamento è stato un grosso problema da trattare. Un altro problema storico e culturale è quello degli alloggi. Dico culturale perchè la comunità di Modena e Reggio Emilia ha difficoltà nel mettere le case in affitto. Si ha una falsa credenza, un preconcetto che si basa sul fatto che mettere in affitto vuol dire farsi distruggere casa. Può accadere, ma davvero raramente. Questa malsana idea porta a tenere tante case sfitte e pagare più tasse piuttosto che fidarsi di chi ci entra.

Anni fa ci è giunta voce di studenti africani costretti a dormire in stazione perchè non trovavano casa. Dopo aver chiesto un tavolo d'urgenza al comune, ho da subito capito che sarebbe stato uno dei maxi problemi del mio mandato da coordinatore e rappresentante. Trovare soluzioni non è semplice per il mercato privato. Stiamo cercando di studiare un fondo di garanzia da parte del comune/università per tutelare il privato, in modo tale da garantire sempre l'affitto pagato.

Alcuni dipartimenti dell'Università di Modena e Reggio Emilia hanno scelto di non garantire più l'erogazione di lezioni registrate, in vista del rientro in sede al 100% in presenza. Qual è stata la reazione degli studenti? Favorevole o contraria?

Ovviamente contraria. Anche i nostri rappresentanti in senato hanno votato "contrario" alle linee del rientro in presenza senza garanzie. E' stata data autonomia ad ogni dipartimento nel fornire strumenti digitali o di supporto, ma è una linea interpretativa molto ampia. A loro volta i dipartimenti hanno dato via libera ai docenti. Quindi ci siamo dichiarati contrari al non garantire più la DAD in modo egualitario per tutti i dipartimenti, perchè così facendo si sono creati studenti di SERIE A e studenti di SERIE B. E' una cosa molto brutta.

Una disparità del genere è inaccetabile.

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Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali | Sant'Eufemia | Università degli studi di Modena e Reggio Emilia

Dal tuo punto di vista, la DAD quanto è stato uno strumento valido durante la pandemia? Credi che l'università italiana, nel 2021, debba garantire l'erogazione di lezioni in streaming a prescindere dall'emergenza sanitaria?

La discussione sul futuro sui metodi didattici prevede che l'esperienza DAD non venga completamente cestinata. E' questa l'idea che circola. Se utilizzata nel modo giusto la DAD può essere una soluzione per determinati problemi e può anche dare innovazione. E' un tema su cui noi lavoreremo come rappresentanza perchè la didattica deve cambiare in un modo sempre più inclusivo e sempre più coinvolgente.

Sei il vice-direttore de “Lo Strillone Universitario”, il giornale degli universitari di Unimore. Come sai anche la nostra redazione è composta e si occupa di giovani. Quanto pensi che possa essere rilevante il nostro ruolo nell'educazione e formazione scolastica e universitaria?

Io penso che il nostro ruolo sia molto importante. Lo strillone nasce dopo le elezioni del 2018 quando noi dell'UDU volevamo fare un progetto per gli studenti che potesse dare qualcosa. Già alle superiori facevo parte del giornalino della scuola, e in università non ne esisteva uno. Così io e il direttore Matteo Ballotta ci siamo lanciati in questa idea. E' un giornale aperto, un progetto che coinvolge e mette in gioco i ragazzi. Tornando al ruolo della formazione, il giornale è stato uno strumento che ci ha fatto capire che alcuni ragazzi avevano problemi di scrittura. Infatti nel nostro corso triennale di Scienze della Cultura c'è stato il corso all'avviamento allo studio e l'italiano, che è fondamentale con un sistema scolastico attuale che ti da poche competenze di base, tranne rari casi di licei.

Il nostro ruolo nel giornale quindi, oltre a trattare temi che vadano oltre l'università, è di cercare di dare consapevolezza su argomenti che per esempio un docente non affronterebbe mai.

Novembre 2021

Intervista a cura di Ivonne delli Carri