Politiche ambientali urbane: innanzitutto un traffico sostenibile! Intervista a Simona Larghetti.

Daniela Mariotti ha intervistato per noi Simona Larghetti, presidente dell'Associazione Salvaiciclisti di Bologna e socio fondatore della velostazione Dynamo. Si parlerà della situazione di Bologna e non solo.

Politiche ambientali urbane: innanzitutto un traffico sostenibile! Intervista a Simona Larghetti.

Mentre la politica nazionale  sembra ancora lontana dai temi caldi dell'Ambiente, sono in atto dibattiti, appelli e vere e proprie iniziative organizzate e portate avanti con continuità  da parte di vari movimenti e associazioni ambientaliste un po' dovunque, anche nella nostra Regione.

Spesso si tratta di attività  di carattere locale, che perciò non fanno grande rumore, ma sono molto importanti perché offrono un reale contributo per stimolare la partecipazione attiva dei cittadini  e per creare un tessuto culturale, ancor prima che politico, che può diventare la colonna portante di quel cambiamento che in tanti stanno aspettando.

A questo riguardo abbiamo incontrato Simona Larghetti, presidente dell'Associazione Salvaiciclisti di Bologna, socio fondatore della velostazione Dynamo, che  ha partecipato

recentemente al TedxPiacenza, per parlare della sua esperienza.

1. Innanzitutto,  Simona, qual è la situazione generale del traffico sostenibile a Bologna e nelle città italiane?

La situazione del traffico urbano vive un momento duplice: da un lato stanno aumentando le emissioni di CO2 nella maggior parte delle città italiane, delle quali il traffico urbano rappresenta un 30% circa. Dopo un periodo di crisi, è in ripresa anche il settore automotive, con aumento delle immatricolazioni: più auto, più traffico, più inquinamento. E ancora una volta la leggera ripresa economica che c'è stata nel 2018 ha significato più spostamenti in auto. Questo è senza dubbio un fallimento della nostra azione politica e inoltre è la prova che una riorganizzazione dei servizi di mobilità collettiva (treni, autobus, metropolitane) e investimenti sulla mobilità ciclabile sono ancora troppo timidi, e non incidono complessivamente sulle abitudini.

Ma contemporaneamente assistiamo a un altro fenomeno, che è la crescita costante dell'uso della bici nelle città, grazie a movimenti dal basso, diffusione di buone pratiche, campagne promosse da associazioni e cittadini. Questi nuovi ciclisti spesso sono mossi da coscienza ambientale e desiderio di impattare meno, ma anche da ragioni logistiche e di praticità: la bici rimane il mezzo più veloce e più efficiente per gli spostamenti brevi. Purtroppo questo aumento del ciclismo urbano avviene a discapito dell'utilizzo dei mezzi pubblici, e non a discapito dell'auto, perché le politiche amministrative non stanno investendo veramente in questi cambiamenti. Quindi le città rimangono intrappolate nel traffico privato, che si mangia la qualità dell'aria e tanto spazio pubblico, sottratto a piazze pedonali, a luoghi di incontro, a qualità della vita e bellezza, oltre  al fatto di farci spendere tantissimi soldi in danni ambientali e incidenti stradali, pagati da tutta la collettività.

2. Quali sono i rapporti con le altre Associazioni della città e dell’Italia in generale. C'e un movimento FridaysforFuture a Bologna?

L'Associazionismo sta vivendo un momento di profonda crisi, che va di pari passo con la crisi della credibilità della politica e più in generale della rappresentatività dei corpi intermedi. Le associazioni sono per propria natura organismi strutturati, che vivono processi democratici complessi e impegnativi, e di fronte alla mancanza di interlocutori politici credibili che sappiano raccogliere quelle istanze, l'attrattività di questi soggetti è sempre via via minore. I volontari spesso hanno un'età media alta, si fa fatica a coinvolgere i giovani e anche ad essere incisivi, nonostante le piccolissime conquiste che ci possono essere. Per cui si cerca di uscire a fatica da questo impaludamento a volte cercando la collaborazione, ma le associazioni spesso finiscono per competere tra loro. Noi cerchiamo sempre di promuovere azioni di rete, personalmente sono Presidente della Consulta della Bicicletta del Comune di Bologna che riunisce circa 30 associazioni che lavorano sul tema della mobilità sostenibile a livello cittadino, e spesso riusciamo ad avere un dialogo con l'amministrazione, ma vedo che negli anni è sempre più complesso fare un vero lavoro di gruppo, quasi sempre ci si riduce a pochi attivi e molte presenze fantasma. In questo senso il nuovo movimentismo di gruppi come Extinction Rebellion e FridaysForFuture, entrambi movimenti internazionali che hanno due gruppi a Bologna, manifesta  il bisogno di un impegno più o meno strutturato.

Anche la mia associazione, Salvaiciclisti, nel 2012 è partita come movimento orizzontale. Vedo però che questi gruppi faticano poi a realizzare, oltre alle forti mobilitazioni di piazza, un effetto diretto concreto sulla politiche o sulle abitudini collettive. Abbiamo ospitato presso la nostra sede, alla Velostazione Dynamo,  molti dei loro incontri e siamo sempre entusiasti nell'accogliere chiunque sposi queste istanze, ma credo che leggerne gli effetti sia più difficile di un tempo perché sono effetti liquidi e non direttamente osservabili. Probabilmente il primo effetto è il fatto che molti di questi giovani non bevono acqua in bottiglie di plastica come abbiamo sempre fatto noi alla loro età, piuttosto che l'emanazione di una nuova legge, secondo le dinamiche classiche. Sono movimenti che producono cambiamenti culturali e di consumo, importantissimi, ma meno semplici da decodificare.


3. Quali le iniziative politiche più significative che avete portato avanti. E quali programmi per il futuro?

Il nostro impegno locale si è concentrato negli ultimi anni nell'ottenimento di un Biciplan, un piano urbanistico che comprendesse tutti gli interventi dedicati alla mobilità ciclabile, non solo piste ciclabili ma anche Zone30 e servizi, come la nostra Velostazione.

Il Biciplan è stato prodotto e ora, molto lentamente, lo stanno attuando, insieme a un Piano della Mobilità Sostenibile che comprende anche il trasporto pubblico. È un piccolo grande traguardo, perché senza pianificazione delle vere trasformazioni urbanistiche sono sempre difficili, ma ora la battaglia continua, per monitorare, passo passo, la realizzazione. È una lotta estenuante perché bisogna lottare a colpi di manifestazioni, petizioni e comunicati stampa per ogni questioncella, lottando con altri soggetti cittadini che spingono solo per la mera conservazioni del presente, senza visione e senza proposte. Spesso la sensazione è di perdere tanto tempo mentre la grande vera battaglia è altrove. Sono sicura che dobbiamo imparare a lavorare di strategie più grandi, utilizzando nuovi strumenti di comunicazione e di coinvolgimento delle persone. La voglia di cambiare c'è, ma bisogna rassicurare i cittadini sul come.

4. Quali sono secondo te gli ostacoli più forti, le resistenze più dure... per quel cambiamento che vorrebbero tutti coloro che hanno a cuore il futuro di questo pianeta?

Per la mia esperienza di attivismo e di contatti continui con le comunità locali, l'aspetto più difficile da superare quando si chiede a una persona di cambiare qualcosa è il semplice cambiamento di abitudini. Non è tanto l'aspetto logistico del cambio di abitudini, spesso noi attivisti sprechiamo tanto fiato per convincere i nostri interlocutori della bontà di fare scelte più ecologiche con argomentazioni razionali: il risparmio di tempo, di energia, di soldi, la convenienza quando non l'importanza per la collettività, delle nostre scelte. Ma spesso queste argomentazioni non servono a nulla, abbiamo in noi delle resistenze fortissime a qualunque forma di cambiamento della nostra routine: se ci pensiamo è normale.

Quando si entra in una nuova fase della vita, quando ci si sposa, quando si cambia lavoro o quando si smette di lavorare per andare in pensione. Chiunque di noi ha sperimentato quel senso di smarrimento e di paura che qualunque cambiamento ci fa: timore di non riuscire a gestire la nuova routine, timore di trovarsi in difficoltà, ma anche di essere escluso socialmente, di non fare più parte dello stesso gruppo sociale. Un vegetariano che va al ristorante con amici non vegetariani lo sa bene, a volte fare scelte "diverse" ci pone in quella minoranza alla quale nessuno in cuor suo vorrebbe appartenere. Per la mobilità il cambio di abitudini è difficilissimo: anche se un automobilista di Roma passa 370 ore nel traffico ogni anno, convincerlo che può fare gli stessi tragitti in bicicletta è difficilissimo, perché tutto intorno a lui fanno e dicono il contrario: le pubblicità delle auto, la struttura delle strade, i regolamenti del traffico, le stesse abitudini delle persone che frequenta. Serve un processo lungo, continuato e attuato da vari fronti, sia politici che sociali.


A cura di Daniela Mariotti,

luglio 2019