Seppur doloroso e triste #iorestoacasa
La testimonianza di Daniela - volontaria SCU, al terzo anno di scienze infermieristiche - e il suo rammarico per aver dovuto interrompere sia il tirocinio in ospedale, sia il Servizio Civile.
Mi è stato chiesto di scrivere una testimonianza di come stiamo affrontando la quarantena causata dalla pandemia di coronavirus. Sono molte le cose che potrei scrivere a riguardo, ma cercherò di essere il più possibile sintetica.
Sono una ragazza di 22 anni e sono al terzo anno di infermieristica e, circostanze permettendo, quest’anno dovrei conseguire la laurea. Non ho mai passato un momento, da quando ne ho memoria, senza far nulla.
Questo periodo, quasi drammatico, è iniziato con l’obbligo di non recarmi più nell’ospedale dove frequentavo il tirocinio. Non ho avuto il tempo di salutare i miei pazienti, i miei colleghi, che contavano sul mio aiuto, i miei tutor. Ho continuato comunque il servizio civile in biblioteca e con le colleghe parlavamo spesso di questa situazione e della possibilità che tutto si fermasse e ci sembrava un’idea troppo lontana ed irrealizzabile. Pensavo che non poter continuare il tirocinio fosse già abbastanza per me, se avessero anche bloccato il servizio civile sarebbe stato davvero un duro colpo da digerire.
E invece, domenica 8 marzo arriva la tanto temuta mail: “una circolare ministeriale sospende tutti i progetti di servizio civile fino al 3 aprile.”
Bene, ho detto tra me e me, e adesso?
Può sembrare banale, può sembrare che noi ragazzi siamo quasi sollevati dal fatto di poter finalmente stare a casa e sprofondare nella nullafacenza, ma in verità io non mi sono sentita poi così tanto sollevata.
Ho iniziato a pensare a molte cose e mi sono posta diversi interrogativi: come è possibile mettere in pausa la propria vita? Come si può “obbligare” un ragazzo/una ragazza di 22 anni a chiudersi in casa? Per di più quando la famiglia vive a 600 km di distanza…
Siamo solo al quarto giorno di isolamento, e ancora non mi sono abituata all’idea di non poter vedere i miei amici, i miei colleghi di M.E.MO.
Sono stata accolta in questa grande famiglia come una figlia ed io non posso essere lì con loro a cercare di sdrammatizzare la situazione o a fargli semplicemente compagnia.
Questo isolamento sembra davvero interminabile, a tratti davvero pesante.
In un mondo in cui ci si chiude fin troppo nei social, mi chiedo se questa situazione cambierà le cose. Quando potremo uscire, abbracciarci, parlarci faccia a faccia, sapremo apprezzare di più i momenti passati in compagnia? Mi sembra come se non avessi goduto abbastanza dei momenti vissuti con le altre persone.
Penso ai miei colleghi infermieri, ai medici, stremati dai turni fisicamente e psicologicamente massacranti di questi giorni. E penso a quanto vorrei poter essere lì e rendermi utile, ma purtroppo non posso.
Nella sfortuna di questa situazione, ho comunque cercato di trovare dei punti di riferimento a cui affidarmi quando le giornate sembrano troppo lunghe e quando l’unica cosa a cui riesco a pensare è - “Ora che faccio? Che ora è?” – e devo ringraziare il servizio civile per avermi fatto conoscere una persona con cui sto condividendo questo periodo di chiusura verso il mondo. È grazie a lui se io sto sopravvivendo a queste giornate, e gli sarò sempre immensamente grata.
La speranza è che questi giorni di sacrifici e solitudine possano servire, non solo, a migliorare la situazione di emergenza che si è venuta a creare, ma anche a farci comprendere quanto sia importante, e purtroppo sottovalutato, il tempo che passiamo insieme alle persone a cui vogliamo bene.
Seppur doloroso e triste #iorestoacasa.
Daniela, volontaria Servizio Civile
presso MEMO - Comune di Modena
Progetto "Narratori Strategici 5th Generation"
Marzo 2020