Brexit: il voto della generazione Erasmus che sceglie il "remain", ma non ci crede abbastanza

Una breve riflessione su quel 73% di giovani tra 18 e 24 anni che ha votato per il "remain".

Brexit: il voto della generazione Erasmus che sceglie il "remain", ma non ci crede abbastanza

L'hashtag #Brexit in questi giorni ha spopolato su Facebook, Twitter, Instagram. Tra notizie, commenti e meme di ogni tipo di pari passo con quelle dedicate agli Europei, tanto più dopo l'eliminazione del Regno Unito dalla competizione.

Si è parlato della Brexit dal punto di vista dei risvolti economici, politici, delle future relazioni internazionali e dei problemi interni con Irlanda e Scozia.

Si è cercato di capire chi ha votato "leave" e perché.

Ne è emerso il quadro di un elettore mediamente poco istruito, in condizioni economiche non eccellenti, residente in piccoli centri.

Il dato, che ha colpito molti e sul quale vogliamo soffermarci a Stradanove, è tuttavia quello generazionale: a votare la Brexit sono stati i vecchi.

Per scendere nel dettaglio, si parla, con le dovute eccezioni, di ultrassessantenni che per il 60% hanno votato "leave" e di giovani dai 18 ai 24 anni che per il 73% hanno votato "remain". Le dovute eccezioni sono le città di South Lakeland e South Hams, dove gli over 65 hanno votato "remain".

Dando un'occhiata al grafico diffuso sui dati elettorali, è evidente un progressivo aumento di circa il 10% dei voti per l'uscita dall Europa tra le varie fasce d'età, con una sostanziale stabilità tra i 45 e i 65 anni.

Gli inglesi nati tra il 1998 e il 1982 hanno votato "remain" perché, come spiega su Repubblica lo studioso di flussi elettorali Chris Hanretty, i giovani più istruiti e abituati a viaggiare, ad essere in contatto con altre culture, hanno una mentalità più aperta e meno orientata ad un'ottica nazionalista.

I giovani tra i 18 e i 35 anni non solo sono cresciuti nell'UE, ma in un mondo nettamente più globalizzato e aperto a scambi non solo economici, ma anche culturali. Hanno conosciuto, condiviso studi, viaggi con gente proveniente da tutto il mondo.

La generazione "Erasmus" (progetto avviato nel 1987), di cui tanto si è parlato negli ultimi tempi, ha in un certo senso dimostrato di avere una sua identità forte. Si può dire, quasi, che l'intento dei progetti di scambio culturale di creare una comunità fluida, aperta e non vincolata a confini nazionali, abbia dato i suoi i frutti. E quel 60% di voti contro la Brexit ne sono il raccolto.

Allora, perché non ha vinto il loro voto? Perché un'altra caratteristica conclamata di questa generazione Erasmus sempre in movimento, che mastica più di una lingua e ha amici in tutto il mondo, è quella dello scarso interesse per la vita politica. Del proprio Paese come di quella europea.

Ne avevamo già parlato tempo fa in occasione della pubblicazione di una ricerca della FOCSIV sulla "Youth Partecipation". Già secondo i dati di una precedente ricerca europea l'85% dei giovani non si sente coinvolto nei processi decisionali e politici, tant'è vero che le ultime elezioni politiche europee hanno riscontrato il più alto tasso di astensione giovanile. Quelle del Regno Unito, dunque, non sono state da meno.

Il 60% degli over 65 avrà anche votato "leave", ma non è certo colpa loro se molti giovani a votare non ci sono nemmeno andati.

Il tasso di astensionismo giovanile registrato è infatti del 64% per i ragazzi tra 18 e 24 anni, gli stessi che hanno in maggioranza votato per il "remain".

Quando, dunque, si parla di "vecchi che hanno deciso il futuro dei giovani", bisogna prestare attenzione alla considerazione che i giovani, diciamoglielo, glielo hanno lasciato fare.

Vogliamo, tuttavia, evitare quell'immagine del giovane menefreghista, tanto facile da rivendere, e riprendere, invece, la riflessione fatta in occasione della ricerca Focsiv e sottolineare come nella generazione Erasmus "un ragazzo su quattro in Europa è coinvolto in attività di volontariato; uno su due vive forme di partecipazione significativa in ambiti diversi ma comunque legati alle proprie passioni".

È cambiato il modo di vedere tante cose: l'economia, i rapporti internazionali, il rapporti interculturali e, persino, il concetto di partecipazione attiva: "una distanza che riflette probabilmente un cambiamento culturale e un differente modo di interpretare e vivere l'impegno politico rispetto alle precedenti generazioni ".

In relazione alla Brexit, riportiamo una particolare osservazione tratta dai dati della ricerca sulla "Youth Partecipation": "i giovani del campione sembrano non riconoscere che una loro maggiore partecipazione politica e civica consentirebbe un migliore indirizzo delle politiche giovanili europee verso temi considerati più rilevanti".

I giovani hanno votato "remain", ma evidentemente non hanno mai creduto che il loro voto potesse davvero cambiare le cose e, vista la natura consultiva del referendum e le precisazioni a riguardo fatte in seguito alle rimostrazioni della Scozia, forse non hanno nemmeno tutti i torti.

Articolo di Angela Politi

Leggi anche:

YOUTH PARTECIPATION. Essere giovani e cittadini nel 2016