YOUTH PARTECIPATION. Essere giovani e cittadini nel 2016.

Riflessione sull'indagine condotta da Focsiv e un working group di ragazzi sulla partecipazione giovanile in Italia

YOUTH PARTECIPATION. Essere giovani e cittadini nel 2016.

 È l'autunno del 2011. Steve Jobs muore a soli 56 anni nella sua casa di Palo Alto, California. La rete inizia a diffondere come un mantra quel discorso pronunciato dal fondatore della Apple davanti agli studenti dell'Università di Stanford nel 2005. Le parole "Stay hungry, stay foolish" ("Siate affamati, siate folli") diventano il suo testamento ideologico, ma al tempo stesso innescano una reazione e una riflessione a catena: esistono più giovani come Steve Jobs? I ragazzi ai quali la rete ha forse reso tutto più semplice sono disposti a osare e a mettersi in gioco?

Si dimentica il passato di Jobs, gli vengono perdonate tutte le colpe, i difetti, il carattere turbolento e i torti fatti oltre quelli subiti. Resta solo un punto meritevole da considerare: siamo hungry? Siamo foolish?

La Fornero ci ha definiti choosy, la Cancellieri ci ha chiamati mammoni e Martone, più di recente, sfigati.

Le percentuali di disoccupazione giovanile non demordono e, forse, c'è anche chi si culla in questo limbo.

Siamo fannulloni rispetto a Jobs e ignavi rispetto ai genitori sessantottini, ai nonni partigiani.

Sembra che, come per il problema dell'occupazione professionale, per noi giovani non ci sia posto da nessuna parte, nemmeno in campo di dignità ideologica.

Siamo la generazione 0, di cui parla J Ax, una generazione per sottrazione di tutto ciò che sono stati quelli nati prima di noi.

O forse no?

Forse il problema, ed è questo lo spunto interessante che offre  la ricerca realizzata da Focsiv, non è "se" partecipiamo, ma "come lo facciamo". In un modo diverso, un modo nostro, dettato da quell'amnios digitale in cui ci siamo formati.

Se la differenza intergenerazionale ha sempre costituito la matrice di incomprensioni ed equivoci, la digitalizzazione ha accelerato questo gap talmente tanto da far quasi credere che tra noi e i nostri genitori, e quindi i nostri politici o tutti coloro che si prendono la briga di spiegarci cosa siamo rispetto a loro, non ci sia soltanto una generazione di distanza.

Lo spunto di riflessione da cui parte l'indagine "YOUTH PARTECIPATION" è dato da una ricerca europea secondo cui l'85% dei giovani non si sente coinvolto nei processi decisionali e politici. A riprova di ciò, le ultime elezioni politiche europee hanno riscontrato il più alto tasso di astensione giovanile. Eppure, questo è il dato che ha segnalato la necessità di avviare un approfondimento, "un ragazzo su quattro in Europa è coinvolto in attività di volontariato; uno su due vive forme di partecipazione significativa in ambiti diversi ma comunque legati alle proprie passioni" (dall'introduzione all'indagine dell'On. Silvia Costa, Presidente della Commissione Cultura al Parlamento Europeo).

È mirabile l'intuizione dell'Onorevole, quando scrive: "Trasferiamo nel discorso pubblico sui giovani una nostra percezione di adulti un po' depressi, forse c'è anche un po' di giovanilismo degli adulti che non aiuta i giovani a crescere". Per citare lo scrittore Khalil Gibran: "Puoi cercare di somigliare a loro, ma non volere che essi somiglino a te. Perché la vita non ritorna indietro, non si ferma a ieri". Eppure è una trappola intergenerazionale alla quale sembra difficile sfuggire, nonostante, stando dall'altra parte, ce lo si riprometta sempre solennemente.

Per tornare all'indagine, la FOCSIV ha deciso di promuovere il progetto "WHAT DO YOUth WANT?", coinvolgendo 40 ragazzi per la preparazione di una consultazione online da proporre ai loro coetanei su interessi e livelli di partecipazione per trarne un'istantanea dei giovani italiani tra i 18 e i 30 anni in tema di partecipazione sociale in Italia e in Europa.

I giovani, "oggetto" di un'accanita indagine sguinzagliata negli ultimi anni da un mondo di adulti che, un po' per interesse e un po' per senso del dovere teorico, si è affannato a capire perché siamo così choosy  (dopo aver già deciso che lo siamo), sono con quest'indagine diventati "soggetti" della ricerca, conducendola in prima persona.

Il Working group, costituito da questi ragazzi, ha realizzato un questionario di 25 domande divise in tre aree: "Il tuo profilo", "Tu, cittadino attivo" e "Tu, cittadino europeo".

Il sondaggio è stato somministrato dal 5 agosto al 31 ottobre 2015 ed è stato promosso principalmente sui social network, riconosciuti come canale privilegiato di comunicazione con il target che si intendeva raggiungere. Anche in quest'ultimo aspetto hanno avuto un ruolo fondamentale i ragazzi del Working group, che lo hanno segnalato tramite i propri profili personali, costituendo un filo diretto con i coetanei.

Per avere una panoramica del campione considerato: i giovani che hanno partecipato all'indagine sono 614, di un'età compresa tra 18 e 30 anni, con un picco relativo ai giovani di 27 anni. In ogni caso, il 75% dei partecipanti ha più di 24 anni. Questo è un dato non solo anagrafico, ma, essendo determinato da un'autoselezione, ha un peso generale sulle conclusioni finali riguardanti il tema della partecipazione. Inoltre, dalla prima parte del questionario, si evince che il 75% del campione è costituito da ragazze e il 98% è nubile/celibe.

Ne viene fuori "una fotografia abbastanza positiva, con giovani mediamente altamente scolarizzati, che hanno già avuto esperienze di lavoro (stabili o occasionali) e in buona parte già coinvolti in esperienze di partecipazione sociale e politica sul territorio". "Si tratta di giovani che, parimenti alle Istituzioni, ritengono di avere un ruolo di responsabilità  nell'assicurare e tutelare il Bene comune e che partecipano in prima persona  a iniziative in quest'ambito".  Resta il dato di scarsa partecipazione politico-sociale, già attestato dalla ricerca europea da cui si è preso spunto per quest'indagine: "una distanza che riflette probabilmente un cambiamento culturale e un differente modo di interpretare e vivere l'impegno politico rispetto alle precedenti generazioni".

I mezzi, nello specifico, sono le mobilitazioni di massa, i flash-mob, le petizioni online.

Un dato che fa riflettere il Working group è quello secondo cui "i giovani del campione sembrano non riconoscere che una loro maggiore partecipazione politica e civica consentirebbe un migliore indirizzo delle politiche giovanili europee verso temi considerati più rilevanti".

La questione della partecipazione risulta, in un certo senso, irrisolta: cambiano le forme, cambiano i modi, ma soprattutto resta quella che appare come una latente sfiducia nel proprio potere decisionale, che, probabilmente, e ci limitiamo alle considerazioni in Italia, è piuttosto comprensibile.

I ragazzi del Working Group hanno definito l'attività di raccolta e analisi dei risultati dei questionari somministrati ai coetanei come un utile esercizio per guardarsi con occhi esterni.

L'indagine, tuttavia, potrebbe essere un ottimo esercizio anche per chi sta dall'altra parte della cattedra, come una preziosa opportunità di guardare i giovani con gli occhi dei giovani senza il paternalismo di una giovinezza indorata da ricordi selezionati.

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Articolo a cura di Angela Politi