La "Culpa" dei bulli

Il bullismo nel codice civile e penale

La "Culpa" dei bulli
il cyberbullismo attraverso la legge articolo su stradanove

Il Cyberbullismo è una pratica che utilizza le tecnologie informatiche per intimorire, molestare, mettere in imbarazzo, far sentire a disagio od escludere uno o più ragazzi e ragazze dal gruppo di amici.

In particolare i social network, ovvero "reti sociali", nati per mettere in contatto le persone sia in forma privata che pubblica, hanno un ruolo ormai preponderante tra gli strumenti usati per agire le condotte dannose. I social network "privati" sono quelli utilizzati per condividere foto e messaggi con pochi intimi o persone appartenenti alla propria rete di conoscenze attraverso chat anche di gruppo (ad esempio le chat del gruppo classe, del gruppo sportivo, del gruppo scout, del gruppo di amici) e differiscono dalle reti sociali pubbliche in quanto, in questo caso, le informazioni vengono potenzialmente inviate con un solo click ad un numero infinito di lettori o spettatori.

La realizzazione di atti ascrivibili al Cyberbullismo prevede la diffusione di immagini, parole e video diffamanti per mezzo di social network, messaggi, chat e forum: spesso il contenuto è a sfondo sessuale ma può riguardare anche insulti, calunnie, minacce ai danni di una persona, oppure si estrinseca in furto d’identità, creazione di falsi profili e pubblicazione di immagini false o ritoccate. Queste azioni sono reati perseguibili a mezzo querela o denuncia da effettuarsi senza ritardi, per interrompere in modo solerte la diffusione online del materiale dannoso.

Nel 2017 nel nostro paese, con la l. n. 71, 29 maggio 2017, è stata introdotta una normativa sul Cyberbullismo che prevede la realizzazione di azioni di educazione, informazione e prevenzione nelle scuole anche attraverso la nomina di un insegnante preposto al contrasto di questi fenomeni; a questa figura studenti e famiglie possono riferirsi senza indugio in caso di necessità, difficoltà o sospetto di condotte di Cyberbullismo o Bullismo. Le vittime di Cyberbullismo con più di 14 anni possono richiedere direttamente ai gestori dei siti, che hanno l'obbligo di procedere in 48 ore, alla rimozione, al blocco oppure all'oscuramento dei contenuti: qualora essi risultino ancora visibili, la vittima di azioni dannose può rivolgersi al "Garante della Privacy" (GPDP: Garante per la protezione dei dati personali) che interviene nelle successive 48 imponendone l'eliminazione. Gli atti di Bullismo e di Cyberbullismo possono integrare la violazione di diverse norme della Costituzione Italiana (ad esempio la violazione dei principi di uguaglianza, libertà di insegnamento, riconoscimento del diritto allo studio), del Codice Civile (ad esempio la commissione di un fatto illecito che implica la richiesta di risarcimento per danno ingiusto) e Penale (ad esempio reati, quali Percosse, Lesioni, Danneggiamento, Diffamazione, Molestia o Disturbo alle persone, Minaccia, Atti persecutori - Stalking, Sostituzione di persona).

Per contrastare le condotte di rilevanza penale, tipiche del Cyberbullismo, è possibile sporgere denuncia ad un organo di polizia o all’Autorità Giudiziaria querelando, se noto, l'autore del reato affinché venga perseguito, o interrompa i propri comportamenti. L’insegnante, nello svolgimento della sua attività professionale, è equiparato al Pubblico Ufficiale, ai sensi dell’art. 357 c.p., avendo l'obbligo di denunciare senza ritardo all’Autorità Giudiziaria un reato di cui ha avuto notizia nell’esercizio delle sue funzioni. Il bullo minorenne di età inferiore ai 14 anni non è imputabile: tuttavia se viene riconosciuto come “socialmente pericoloso” possono essere previste misure di sicurezza (ad esempio la libertà vigilata oppure il ricovero in riformatorio), mentre tra i 14 ed i 18 anni è perseguibile dalla legge se viene dimostrata la sua capacità di intendere e volere.
La competenza a determinare la capacità del minore è del giudice, coadiuvato da un pool di consulenti professionalmente edotti.

Da un punto di vista civilistico il riferimento giuridico è l’art. 2043 c.c. «Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno». Il risarcimento del danno può essere richiesto dalla vittima rivolgendosi ad un legale ed intraprendendo una causa davanti al Tribunale Civile. I danni possono essere di tre tipi:
DANNO MORALE (che include le sofferenze fisiche o morali, turbamento d’animo della vittima);
DANNO BIOLOGICO (danno riguardante la salute e l’integrità fisica e psichica della persona, tutelati tra l'altro anche dalla Costituzione Italiana);
DANNO ESISTENZIALE (danno all'esistenza della persona, alla qualità della sua vita, anche di relazione, ivi compreso il diritto alla riservatezza, alla reputazione ed all’autodeterminazione sessuale). In pratica il danno esistenziale è dato dal non poter esprimere se stessi, essendo ciò che si è in piena libertà.

Negli atti di Bullismo e Cyberbullismo vi sono responsabilità attribuibili a vari soggetti: Culpa del bullo (minore): il codice civile, all'art. 2046, recita «non risponde delle conseguenze del fatto dannoso chi non aveva la capacità d’intendere o di volere al momento in cui lo ha commesso, a meno che lo stato d’incapacità derivi da sua colpa».
Ne deriva che anche il minore, se ritenuto capace di intendere e volere, può essere considerato responsabile degli atti di Cyberbullismo o Bullismo. E' in pratica sufficiente la capacità di intendere e volere nonostante sia esclusa la capacità d’agire, tipica dei maggiorenni. Culpa in vigilando dei genitori: il non esercitare una vigilanza adeguata all’età e indirizzata a correggere comportamenti inadeguati (cd. culpa in vigilando) è fondamento della responsabilità civile dei genitori per gli atti illeciti commessi dal figlio minorenne purché capace di intendere e di volere. Di tali atti non può, infatti, per legge civile rispondere il minorenne, in quanto non detiene autonomia patrimoniale. A meno che i genitori del minore non dimostrino di non aver potuto impedire il fatto, essi sono considerati oggettivamente responsabili. La giurisprudenza identifica la colpa del genitore non tanto nell’impedire il fatto ma nel comportamento antecedente allo stesso, ovvero nella violazione dei doveri concernenti l’esercizio della potestà, che riguardano la buona educazione in conformità alle condizioni sociali, famigliari, all'età ed al carattere del minore.
Culpa in vigilando della scuola: secondo il codice civile gli insegnanti sono responsabili del danno cagionato da un comportamento incongruo dei loro allievi mentre si trovano sotto la loro vigilanza: il corpo docente, qualora si ravvisino fatti illeciti, può superare la presunzione di colpa soltanto qualora dimostri di avere adeguatamente vigilato, oppure dia prova del caso fortuito. La scuola a tale proposito deve adottare misure preventive atte a scongiurare situazioni antigiuridiche, potendo dimostrare di avere posto in essere misure disciplinari idonee ad evitare l'insorgere di situazioni pericolose. La vigilanza deve essere inoltre assicurata all'interno della scuola, sia dentro che fuori la classe.


Articolo a cura di Seghedoni Simona – P.L. Modena

Maggio 2021