ANDREA LIGABUE

E' visceralmente appassionato di giochi da tavolo e ha trasformato il suo puro interesse in mestiere pratico: giornalista, blogger, consulente e, prima di tutto, ludologo, il modenese Andrea Ligabue - fra gli organizzatori di PLAY: Festival del Gioco - si racconta a Stradanove.

Una vita da ludologo, come la descrivi?

E' davvero piacevole vivere di giochi, giocando. Ho avuto la fortuna di fare della mia passione un lavoro senza percorrere strade già tracciate, come quella dell'autore e l'editore, ma anche senza esempi da seguire o modelli a cui attenermi. Quest’ultimo aspetto ha anche rappresentato, nel tempo, una fonte di preoccupazione: è la scelta giusta?, e sostenibile?, mi sono chiesto.

Faccio sì di tenermi aggiornato, studiando e scoprendo le implicazioni (e complicazioni) che questo stile di vita comporta.

Abbandonare il mondo della chimica, dopo la laurea: scelta o compromesso?

Se ci fossero state le condizioni per continuare a fare ricerca in Chimica Teorica, avrei proseguito, presumibilmente, la carriera Universitaria. Ho più di 20 pubblicazioni in materia e, nel complesso, credo si essere stato un ricercatore valido. A conti fatti, però, quella strada non si è rivelata la mia, pertanto non mi pento delle scelte fatte e, anzi, sono soddisfatto del mio lavoro.

Com’è nato il tuo interesse per la materia?

Fin da piccolo, mi divertivo ad inventare giochi con fogli, colori e pedine. All'età di 16 anni, grazie a mio fratello, ho scoperto il mondo dei giochi di ruolo e poi il Club TreEmme, l'associazione di cui ancora faccio parte. Lì, ogni sera, ci si misurava (e lo si fa tuttora) con i giochi più vari, spaziando da quelli di ruolo ai giochi da tavolo, attraverso giochi di miniature e partite in rete. Divenuto genitore ,mi sono poi avvicinato al mondo dei giochi per bambini, e ho scoperto le potenzialità che il gioco può avere in ambito educativo e scolastico.

Qual è stata l’occasione di trasformarla in una professione?

Organizzando PLAY, il Festival del Gioco, sono entrato in contatto con LEGO Italia, ed è nata una collaborazione che dura tuttora, proficua per entrambi: ho realizzato che le mia competenze, maturate in oltre 20 anni di attività di gioco e recensioni per siti e riviste, potevano essere di interesse per le aziende del settore.

A proposito di LEGO: quali sono, oggi, i giochi più istruttivi? E i più diseducativi?

I LEGO sono annoverabili senz’altro nell’insieme dei giochi istruttivi, importanti nella fascia 6-10 anni perchè uniscono all'attività ludica anche quella di costruzione, offrendo la possibilità di lavorare su personalizzazioni e modifiche. Sono giochi semplici che introducono piccole scelte strategiche. Credo che alla base delle potenzialità educative di un gioco ci sia, anzitutto, il livello di scelta che si offre ad un giocatore. Diseducativi, al contrario, sono quelli che abituano a non pensare, a sperare nel colpo di fortuna, nella vittoria inattesa (è il caso, ad esempio, del gioco dell’oca), puntando tutto sulla vincita (vedi  tombola e giochi d’azzardo). Credo che una sana attività di gioco, in famiglia o presso un’associazione a tema, possa incanalare in maniera sana pulsioni che potrebbero sfociare, altrimenti, nella “ludopatia”.

Fai parte dello staff direttivo di PLAY: ci racconti, da dentro, il festival del gioco?

L'organizzazione di PLAY è un impegno davvero imponente, che svolgiamo per il Club TreEmme, associazione modenese di cui facciamo parte. PLAY nasce dal lavoro volontario di centinaia di persone provenienti da decine di associazioni Italiane: è faticosa e rinfrancante l’operazione di coordinamento di costoro con le esigenze commerciali del polo fieristico e degli editori che vi prendono parte. Ogni anno il programma cambia, si rinnova, coinvolgendo sul tema del gioco il maggior numero di realtà possibili: vi invito pertanto a visitare il sito dell’evento (www.play-modena.it) per capirne la portata e la complessità, e intuire in quante maniere si può giocare e divertirsi.

Sei giornalista: c’è un lato ludico pure in questo? Per chi e di cosa scrivi?

Il gioco permea molte delle attività che svolgo. Sapere improvvisare, del resto, compiere le scelte giuste, bilanciare il rischio e il risultato, sono doti importanti nel lavoro quanto nella vita. Scrivo da 5 anni una rubrica, su questo argomento, per La Gazzetta di Modena, e pubblico articoli a cadenza regolare per siti e riviste di giochi Italiani ed internazionali. Amo la scrittura e il lavoro del “giornalista ludico” mi appassionerebbe parecchio. Purtroppo, in Italia, i tempi non sono ancora maturi: basti pensare che nessuna rivista di prestigio ha mai realizzato una rubrica sul tema dei giochi da tavolo.

Sei il solo italiano fra i giurati membri dell’International Gamers Awards.

Quali sono le qualità premianti per un giocatore?

Dal punto di vista del giurato, la dote più importante per un giocatore è l'abitudine a misurarsi fra tanti, tantissimi giochi. Io ho più di 1500 giochi e leggo settimanalmente diversi regolamenti di giochi nuovi. Giocare con gruppi e persone diverse, a giochi diversi, è senz'altro una qualità fondamentale per giudicare la maggiore o minore validità di un prodotto. L'IGA premia essenzialmente i cosiddetti “giochi per giocatori”, e quindi, per la mia mansione di giurato, sono molto importanti le serate di gioco con gli amici, presso il Club TrEemme. Dal punto di vista pratico, invece, strategia e tattica, per un giocatore, sono le doti imprescindibili. Assieme all’intelligenza, il carisma, la diplomazia e l’intuito. E a un’imprevedibile dose di fortuna!

Cosa definisce, dentro e fuori il tavolo di gioco, un looser?

Non mi piace questa definizione. Non credo che nella vita, come nel gioco, il focus debba essere sul vincere o perdere, ma piuttosto sul come si gioca e si è giocato, dunque sul modo in cui si vive e si è vissuto. Credo che a trionfare, alla fina, sia più chi riesce a godersi ogni cosa passo dopo passo, senza smania di successo, senza perdersi i momenti fondanti. Quando insegno ai bambini a giocare, insegno loro anche a perdere. E a rispettare gli avversari. Che sono persone, ricordiamocelo, prima di tutto.