Giorgio Fontana e il racconto onesto di un dolore scomodo

Di libri su travagliate storie d’amore gli scaffali di biblioteche e librerie sono pieni. “Un solo paradiso” di Giorgio Fontana, ospite della Biblioteca Delfini lo scorso sabato, è ben altro. “É la storia molto semplice di un immenso amore e di un disamore” spiega l’autore, intervistato da Francesca Canovi.

Giorgio Fontana e il racconto onesto di un dolore scomodo

Sullo sfondo di una Milano che ti permette di stare solo e a volte ti abbandona a te stesso - “perché Milano rispetta l’individualità ma a Milano si può anche crepare di solitudine” - Giorgio Fontana racconta “l’amore assoluto, che ti schiantatra due persone comuni.

Nato “nell’epoca delle passioni tristi e del dolce amaro contentarsi”, come lo definisce l’autore, citando Miguel Benasayag e Gérard Schmit.

Eppure, “Un solo paradiso” non è solo un libro d’amore. Racconta anche la sua fine, in modo schietto e puro da ogni tentativo di accaparrare le simpatie del lettore sul protagonista affranto. Un Alessio che diventa quasi un personaggio scomodo per amici e familiari, stanchi di vederlo crogiolarsi per anni. “Persino il lettore, ad un certo punto, si stanca di lui”, perché “in fondo” dichiara Fontana “c’è una soglia sociale di sopportazione della sofferenza altrui, tanto più quando non la troviamo motivata”.

Le parole dell’autore, apparentemente crude e ciniche, sono davvero così lontane dalla verità? “Un solo paradiso”, in fondo, è proprio questo: il racconto onesto di un dolore scomodo. Un dolore assoluto forse quanto l’amore che lo ha preceduto. Perché “si può passare indenni a diverse sofferenze ma quando incontri il vero paradiso e lo perdi” spiega Fontana “è difficile tornare indietro da quella sofferenza”.

Alessio non lo fa. In un epoca di giovani votati al “presentismo assoluto“ – “quale futuro?” Si chiedono gli amici di Alessio schiacciati da una società che li risputa indietro - Alessio “fa del passato il suo presente”. Il tempo perfetto che non potrà essere più eguagliato.

Giorgio Fontana con il suo romanzo ha fatto una scelta coraggiosa: quella di raccontare una storia che nessuno vorrebbe vivere. Che fa male e logora. Che lascia soli con il proprio dolore. “Siamo schiavi di un’idea dell’amore reduce dallo Stil Novo, che ci porta verso l’altro” spiega l’autore “invece l’amore ci fa scoprire quanto siamo oscenamente mortali”.

Pensare che dalla stessa penna vengano fuori le sceneggiature di alcuni fumetti della Disney per i numeri di Topolino sembra quasi incredibile. Eppure, pensandoci bene, sembra rispondere a quella legge che ci permette di tenerci in equilibrio su quel filo pericolante che è tutta la vita.

Di progetti in corso Giorgio Fontana ne ha almeno due, ma è troppo presto per parlarne. Accenna appena a una storia di famiglia che attraversa tutto il ‘900. “Vediamo come andrà…intanto c’è sempre zio Paperone”.

Angela Politi

16/01/2017