Terrorismo, stragi e Servizio Civile. L'intervista all'Assessore Giulio Guerzoni

Il Comune di Modena ha intitolato il Parco di via Gerosa alle vittime della Strage di Utoya. Abbiamo colto l'occasione per parlare di stragi, terrorismo, politiche giovanili e Servizio Civile con l'Assessore Guerzoni.

Terrorismo, stragi e Servizio Civile. L'intervista all'Assessore Giulio Guerzoni

22 luglio. Il caldo moderato dei paesi nordici, i ragazzi lontani dai banchi di scuola, le chiacchiere da adolescenti. Ma non solo. Ci sono anche le urla, i passi affrettati di chi tenta di scappare, le telefonate disperate. In entrambi i casi.

2011, Norvegia. A Oslo, il diversivo studiato a tavolino con premeditazione disarmante per isolare le vere prede, e, subito dopo, sull'Isola di Utøya, dove come ogni anno si tiene un campo estivo dei giovani laburisti, colpevoli di scelte politiche che ancora non hanno compiuto. Alcuni hanno appena 14 anni, i più grandi 20. Lui, Anders Breivik, ha i tratti somatici del norvegese doc: biondo, alto, occhi azzurri. E la divisa rassicurante di un poliziotto. Avvicina i ragazzi offrendo loro assistenza, mentre scappano da quegli spari che, non lo sanno ma lo scopriranno qualche secondo dopo, è stato proprio lui a causare. Li uccide perché i laburisti stanno rendendo liberale e contaminata dalla cultura islamica la sua amata Norvegia.

I giornali gridano subito al terrorismo di matrice islamica, dovranno ricredersi.

2016. Nel frattempo Utøya è stata riaperta, la Norvegia ha condannato Anders Breivik (21 anni sono il conto misero che pagherà, il massimo previsto dalla legge norvegese). Ma la strage si ripete. Non a Oslo, né a Utøya. Stavolta a Monaco. Ancora spari, ancora urla, ancora i ragazzi vittime prescelte di una follia lucida e premeditata. Organizzata ancora come una trappola: Ali Sonboly hackera un profilo Facebook, segnalando che il McDonald's del centro commerciale ha un'offerta speciale, imperdibile. Quel nome, Ali, ci tradisce di nuovo e ci tende il trabocchetto nel quale cadiamo ignari e quasi contenti che il fatto rientri nell'ordinaria follia del mondo a cui, ahimè, forse ci stiamo abituando. Così Monaco diventa un'altra tacca sul tabellone dei punti per la guerra contro il terrorismo islamico. Ma ci sbagliamo, di nuovo. Ali Sonboly non è lì in nome di nessun Dio. Non ci prova neanche a nascondersi dietro un'ideologia o una religione. Vuole uccidere quei coetanei perché se lo meritano, perché da anni subisce atti di bullismo prima e mobbing poi. Ha 19 anni e in sé più odio di quanto un uomo possa provare o sopportare. È iraniano, ma Breivik non lo avrebbe ucciso, perché uccidere un islamico significa trasformarlo in un martire e lui vuole estirparli, piegarli, non renderli grandi. Cosa Ali abbia visto in Breivik, in quel manifesto ritrovato nella sua camera, non lo sapremo mai. Un senso, forse, non vale la pena cercarlo.

Non possiamo trovare un senso, ma vogliamo trovare una risposta. Non a queste stragi, alle mille domande. Ma al problema. Facciamo quindi un passo indietro e lo facciamo con qualcuno che con e per i ragazzi lavora, ovvero l'Assessore Giulio Guerzoni del Comune di Modena.

2012, Modena. Precisamente il 29 ottobre. «Fu votato un ordine del giorno che diceva di impegnarsi a concordare l’intitolazione di un luogo della città, che poteva essere un parco o una strada, alla strage di Utoya», ci spiega Guerzoni nel suo ufficio.

2016, sempre Modena. Lui era lì in qualità di Assessore all'ambiente quando quella promessa, quella sfida, è stata mantenuta, anzi due. In via Gerosa un parco ancora non c'è, ma sarà pronto presto. «Settembre, massimo ottobre», assicura Guerzoni, spiegandoci come mai siano trascorsi quattro anni da quell'ordine del giorno: «È passato un po’ di tempo, perché non avevamo intitolazioni “significative”» e un Parco, si sa, non è pronto con uno schiocco di dita. Ma, intanto, è stata mantenuta anche un'altra promessa, quella ai residenti di via Gerosa, che da ancora più tempo, dai primi anni 2000, attendevano che quella zona venisse sistemata e resa vivibile. «Abbiamo unito l’utile al dilettevole» spiega ancora Guerzoni «non è il progetto dei primi anni 2000, ma intanto abbiamo reso percorribile e bella quell’area: lì c’era un terreno sconnesso, c’erano buche enormi, erbe alte che sembrava di stare in uno di quei film americani con i campi di grano. Abbiamo fatto una sistemazione minima, ma adesso sembra un’altra via».

Tuttavia non siamo qui per parlare con Giulio Guerzoni, Assessore all'Ambiente, ma con il Guerzoni Assessore alle Politiche Giovanili.

A fine luglio un altro nome si accoda a questo loop di stragi per emulazione: Satoshi Uematsu, che uccide in Giappone 19 disabili per liberare il mondo «da persone prive di valore» e nei giorni seguenti alla strage di Monaco esprimeva sui social solidarietà nei confronti di Ali Sonboly. Quando poniamo la questione, l'Ass. Guerzoni dribbla le frasi fatte, le spiegazioni sociologiche e i referti psichiatrici per andare al punto: «Qualunque atto gravissimo di violenza è ispirato sostanzialmente non da vere e proprie motivazioni ideologiche, ma c’è un tema di odio verso l’altro, il diverso, che questo sia poi fatto in nome di una religione o, nel caso di Breivik, di un ideologia razzista poco importa». Non cerca una spiegazione, ma propone approcci diversi con il problema: «la religione è solo una copertura. Il problema è l’odio. Fenomeni di emulazione terribili drammatici che vengono spesso concretizzati da persone singole non organizzate che hanno situazioni di forte disagio personale. Sono cose che si combattono con l’inclusione, non con l’esclusione». Non gridando al terrorismo e, magari, facendo passare in secondo piano atti violenti che con divinità di terra o cielo, vere o presunte, hanno poco a che fare. «Credo non sia importante la matrice o come si autodefinisce, l'atto di violenza in sé è ciò che bisogna condannare, l'odio e la sopraffazione dell'altro. L'unica strada è la convivenza pacifica che, tra l'altro, è la cosa che dicono tutte le religioni del mondo» sottolinea l'Assessore.

Gli chiediamo quale possa essere il ruolo, in tutto questo, del Servizio Civile, che propone un approccio alla lotta non armato e non violento. Un valore di cui Guerzoni si fa portavoce anche come Presidente del Copresc di Modena. «Non so se il Servizio Civile in quanto tale possa dare una risposta onnicomprensiva a un problema più grande, però diciamo che il Servizio Civile come tanti altri aspetti può concorrere a evitare che i ragazzi e le ragazze di qualunque età, ma soprattutto i più giovani, siano senza prospettive, senza qualcosa da fare e su cui investire la propria vita».

691 sono le domande arrivate quest'anno nella provincia di Modena per il bando ordinario di Servizio Civile Nazionale. Più del doppio rispetto ai posti disponibili. «Secondo me, esasperazioni di questo tipo o tante altre situazioni di disagio che non arrivano a questa violenza sono prevenibili tramite ciò che la società può offrire ai giovani: innanzitutto il lavoro, un percorso scolastico, un percorso formativo. Dove si fa fatica a trovare lavoro o un percorso formativo il Servizio Civile aiuta. Il Servizio Civile riempie dei vuoti». Ciò non significa che il Servizio Civile sia la risposta unica al terrorismo.Ma è una delle risposte: le altre sono il lavoro, la formazione, l'impegno per gli altri e nella sfera pubblica. La promozione dell'agio. «Riempire il tempo libero in maniera intelligente fa parte delle frecce che abbiamo per provare a colpire il bersaglio» afferma Guerzoni «L’idea di mettersi a servizio è l’unico modo per provare a farcela tutti insieme ed è chiaro che non può bastare il Servizio Civile».

Forse, suggeriamo noi, il Servizio Civile dovrebbe diventare uno stile di vita più che un'occupazione momentanea. «Una risposta non violenta che deve essere la pratica quotidiana, anche quando non esplodono le bombe».

Chiudiamo e vi lasciamo pensare a tutto questo con una frase. Lo stralcio di una lettera ad Anders Breivik scritta da uno dei ragazzi sopravvissuti alla strage di Utøya.

«Tu descrivi te stesso come un eroe, un cavaliere. Tu non sei un eroe. Ma una cosa è sicura: tu di eroi ne hai creati. A Utøya, in quella giornata di luglio, tu hai creato alcuni tra i più grandi eroi che il mondo abbia mai prodotto, hai radunato l'umanità intera. Tu meriti di sapere cosa ha prodotto il tuo piano. Molti sono arrabbiati con te, tu sei l'uomo più odiato della Norvegia. Io non sono arrabbiato. Io non ho paura di te. Non ci puoi colpire, noi siamo più grandi di te. Noi non risponderemo al male con il male, come vorresti tu. Noi combattiamo il male con il bene. E noi vinceremo».

Ivar Benjamin Ostebo

Intervista a cura di Angela Politi

La lettera è tratta dal libro "Il silenzio sugli innocenti" di Luca Mariani, Ediesse, Roma, 2013.