Intervista a Claudio Testi: “La RSI non si porta avanti per guadagno”

A Modena l'Associazione per la Responsabilità Sociale di Impresa festeggia il suo decimo anniversario, per l'occasione la redazione intervista il vicepresidente Claudio Testi.

Intervista a Claudio Testi: “La RSI non si porta avanti per guadagno”




Hai mai sentito parlare di Responsabilità Sociale di Impresa?

Si tratta di un concetto innovativo e relativamente recente, che proprio negli ultimi anni si è affermato con forza come un tema di grande interesse nel dibattito pubblico. Proprio per questo Stradanove ha colto l'occasione per parlartene in anteprima, partecipando al forum "Felicità e Lavoro" organizzato per il decimo anniversario dell'Associazione per la RSI – una rete di aziende modenesi impegnate nella diffusione delle buone pratiche e dei valori della sostenibilità.

In questo articolo abbiamo scelto di approfondirne le dinamiche, cercando di fare chiarezza su un tema che, per quanto affascinante, rischia di risultare difficile per i non addetti ai lavori.

Cosa vuol dire concretamente fare RSI? Chi se ne occupa, e perché dovrebbe riguardarti? Le domande sono molte e anche oggi proviamo a risponderti.



Cos'è la RSI.

Occuparsi di RSI significa affiancare responsabilità economica e responsabilità sociale, con una visione a trecentosessanta gradi su quelli che sono i bisogni dell'azienda, dei suoi dipendenti, dei suoi partner commerciali e dei suoi consumatori – i cosiddetti gruppi di stakeholder. Insomma, il cuore della RSI è l'attenzione per le persone, ed è da qui che si parte per ragionare su territorio, ambiente e benessere sul lavoro.





I protagonisti.

Uno degli esponenti principali della responsabilità sociale di impresa modenese è Claudio Testi, amministratore unico di Socfeder S.p.A. e vicepresidente dell'Associazione per la RSI.

Ma come è arrivato a ricoprire questo ruolo? I suoi studi avrebbero potuto portarlo a una carriera molto diversa, infatti si laurea e consegue il dottorato in Filosofia all'Università di Bologna. Coltivando questa passione, negli anni diventa anche presidente dell’Istituto Filosofico di Studi Tomistici di Modena e vicepresidente dell’Associazione Italiana di Studi Tolkieniani, con all'attivo diverse pubblicazioni.

Forse è proprio questo percorso fuori dal comune che gli ha permesso di sviluppare le competenze trasversali necessarie per diventare prima dirigente dell'azienda di famiglia, poi amministratore unico di un gruppo di aziende composto da più di ottanta dipendenti, ricevendo diversi riconoscimenti per il suo impegno nella RSI.


Di seguito l'intervista che ci ha rilasciato, in cui racconta la sua esperienza nella realtà modenese e la sua "filosofia" di impresa.









Quest'anno è il decimo anniversario dell'Associazione per la RSI modenese. Ci può raccontare qual è stato il percorso per arrivare qui?

Il percorso è iniziato dieci anni fa ad opera del Comune di Modena, che fondò il Club Imprese Modenesi per la RSI su iniziativa di un fornitore, Walter Sancassiani di Focus Lab. Quattro anni fa abbiamo fatto un passo in più, fondando un'associazione di aziende che condividono l'obiettivo di diffondere sul territorio modenese la cultura della responsabilità sociale di impresa. Non solo attraverso eventi pubblici come questo ma anche con progetti concreti, che vanno dal car-sharing agli impianti fotovoltaici... il tutto in circuito con le altre aziende.

Dal punto di vista di un imprenditore, è difficile fare RSI?

Credo che oggi la strada dell'imprenditoria e quella della responsabilità sociale d'impresa siano molto unite, infatti si riesce a conciliare l'impresa con un'attenzione per la società, l'ambiente, i dipendenti... e direi che sia una strada quasi obbligata, non sono cose separate. Oggi in questo forum parliamo di felicità e lavoro come elementi interconnessi, e si discute su come fare in modo che interagiscano. Quindi direi che fare l'imprenditore con una visione di responsabilità sociale possa dare molta soddisfazione, anche a un giovane che si stia affacciando in questo settore.

Cosa spinge un'azienda a investire nella sostenibilità? Ci sono anche aspetti negativi nell'andare incontro a questa scelta?

Secondo me un imprenditore che scelga questo investimento dovrebbe farlo perché ci crede, a prescindere da quelli che sono i costi. Se lo fai solo perché ti porta dei vantaggi economici non stai più facendo sostenibilità, è tutto un altro discorso. Noi come associazione abbiamo la RSI nel sangue, e proprio per questo posso dire che la sostenibilità dovrebbe essere "il fine" e non "il mezzo". Poi ovviamente attraverso di essa si generano anche delle performance positive, d'altra parte se ci fossero delle perdite le aziende chiuderebbero, e a quel punto non ci sarebbero né impresa né responsabilità sociale.

Perché un consumatore dovrebbe preferire i prodotti di un'azienda che investe nella sostenibilità, rispetto a quelli di un'altra? In che modo questa scelta incide su di lui?

Secondo me oggi i consumatori sono un po' disillusi e si concentrano principalmente sul prezzo, anche perché in passato molte aziende hanno usato in modo strumentale il marchio della sostenibilità. D'altra parte, non bisogna sottovalutare il fattore generazionale: un cinquantenne fa più fatica ad avvicinarsi a certi ragionamenti, mentre i giovani sono consumatori più attenti e consapevoli perché cresciuti con una mentalità diversa. Proprio per questo molte aziende, anche note major americane, hanno cominciato a investire molto sulla sostenibilità.

Cosa consiglia a un giovane che voglia approfondire questi temi? Quali canali di informazione sono più adatti?

In primo luogo mi viene da citare l'Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, che è una bellissima associazione nata per sensibilizzare istituzioni e cittadini. Un altro elemento interessante è l'Agenda 2030: è stata un po' una rivoluzione, ma in Italia secondo me è stata poco recepita.

Un'azienda che si occupi di responsabilità sociale di impresa, così come chi ne sta ai vertici, deve quindi essere consapevole dell'impatto che la sua attività può avere sulla comunità in cui opera, che si tratti di un impatto economico, sociale o ambientale. Tutto questo senza però rinunciare al profitto, che dell'impresa dovrebbe essere il motore piuttosto che l'unico obiettivo. D'altra parte: "Good Ethic is Good Business", come direbbero gli anglosassoni.




La Redazione di Stradanove ringrazia Claudio Testi per la gentilezza e la disponibilità dedicateci durante l'intervista.




A cura di

Laura Pergreffi

dicembre 2019



Ti è rimasta ancora della curiosità?

Leggi il nostro racconto del forum "Felicità e Lavoro".

Leggi il nostro approfondimento sull'agenda 2030 e l'intervista al team di Focus Lab.