VERGOGNA, KARIN ALVTEGEN

Un thriller dell’anima

VERGOGNA, KARIN ALVTEGEN

E’ un thriller psicologico, un’indagine nell’anima, il romanzo “Vergogna” della svedese Karin Alvtegen, come già il precedente “Ombra” pubblicato da Nottetempo lo scorso anno. E i titoli dei libri- una sola parola- sono la traccia da seguire.
E’ il sentimento della vergogna che ha marchiato le due protagoniste del romanzo, segnando il percorso della loro vita e sono due storie separate quelle che leggiamo e che si intersecheranno solo alla fine in una maniera casuale o- chissà- predestinata.


Monika è primario chirurgo, vive sola in una splendida casa nel centro di Stoccolma, ha una storia d’amore con un uomo- finalmente sembra la persona giusta per lei, eppure…finirà per allontanare anche lui, come altri uomini in passato. C’è un rito fisso nelle sue settimane: accompagnare la madre al cimitero per accendere il lumino nuovo sulla tomba dell’amato figlio primogenito. Ecco, la morte è entrata subito in scena: Monika era là, nella casa che è stata distrutta da un incendio, la notte che suo fratello è morto. E’ stata la morte del fratello diciassettenne che ha spinto Monika a diventare medico per combattere la morte. La vergogna di Monika nasce da quella notte, per quello che non ha fatto e avrebbe dovuto e potuto fare. Non lo ha mai detto a nessuno, non può dirlo a nessuno. Quando accade che la fatalità vuole che muoia un uomo che occupava un posto in auto che sarebbe dovuto essere di Monika, lei va a pezzi.


   Maj-Britt non esce di casa da trent’anni. Fa soltanto una cosa: mangia. Lei stessa prova ribrezzo per quello che il suo corpo è diventato, non tollera che nessuno la tocchi, è sgarbata con le persone che le vengono inviate dall’Assistenza Sociale per aiutarla. Succederà qualcosa per cui affioreranno in lei i ricordi del passato- i genitori che erano dei religiosi fanatici, puritani e bigotti, l’amore e la scoperta che il corpo è bello, il matrimonio e l’allontanamento definitivo dalla famiglia. E poi il dramma: Dio l’aveva punita, ma lei avrebbe fatto a meno di Dio.


   Karin Alvtegen scava nel conscio e nell’inconscio delle due donne, portando fuori ricordi di eventi a cui per anni non hanno voluto pensare, esplorando le diverse maniere in cui ognuna di loro si è autopunita in passato e continua a farlo nel presente. Ci sono altre due figure femminili, tuttavia, che entrano in scena e le aiutano nel percorso di liberazione dalla vergogna. Una è l’assistente sociale che, senza alcun giuramento a Ippocrate, si presta con una generosità straordinaria e l’altra è Vanja che ha passato sedici anni in carcere per aver ucciso il marito e le figlie. Andranno a stare insieme, Maj-Britt che si è chiusa da sola in prigione e Vanja che viene messa in libertà ma sa che nessun giudice potrà mai scontarle la pena e che l’inferno non è quello minacciato nell’aldilà dal Dio severo di Maj-Britt. E per una donna che esce, un’altra finisce dietro le sbarre- paradossalmente per una colpa minore di quelle di cui si sente colpevole.


La copertina nero e rosa ci ricorda la collana ‘il rosa e il nero’ della casa editrice- c’è un poco di rosa in questo romanzo della Alvtegen (il finale lo lascia sperare) e c’è molto nero, molto buio dell’anima. Eppure non è opprimente, sappiamo che c’è uno spiraglio da cui filtra la luce- l’aiuto e l’esempio di altre persone per l’obesa e infelice Maj-Britt e l’apparentemente perfetta ma infelice Monika.

Karin Alvtegen, Vergogna, Ed. Nottetempo, trad. Carmen Giorgetti Cima, pagg. 395, Euro 14,50