"Soldato d'inverno", Daniel Mason

"Combattono insieme, Margarete e Lucius... Strappano alla morte i soldati che continuano ad essere scaricati in quella chiesa-ospedale per poi assistere impotenti a vederseli portare via per essere rimandati al fronte." (M. Piccone)

"Soldato d'inverno", Daniel Mason

Febbraio 1915. Lucius è l’unico passeggero a scendere dal treno in una stazioncina semisepolta dalla neve a cinque ore a est di Debrecen, in Ungheria. Un ussaro lo aspetta, con due cavalli. Si avviano verso nord, con la neve che fiocca. “Da qualche parte, laggiù, c’erano Lemnowice e l’ospedale di reggimento della Terza armata nel quale avrebbe prestato servizio.”

Questo l’inizio del romanzo - stupendo - di Daniel Mason, “Soldato d’inverno”.

Lucius, ventidue anni, è il sesto figlio (quello nato per sbaglio) di una ricca e nobile famiglia polacca che abita a Vienna. Lui si vergogna un poco delle sue origini che cerca di nascondere e, tra lo sconcerto dei genitori, ha scelto di studiare medicina - la sua passione. Allo scoppio della guerra Lucius non è ancora laureato ma si arruola, rendendo felice il padre, che è stato ferito a Custoza e parla di vecchie glorie, e la madre, che è contenta di trincerarsi dietro quel figlio che combatte per l’Impero mentre la loro famiglia si arricchirà durante la guerra con i proventi delle miniere.

Dire che c’è un ospedale a Lemnowice è un’esagerazione. C’è una chiesa convertita in ospedale, con un grande foro nel soffitto e un cratere nel pavimento. C’è un tavolo operatorio formato da due panche accostate. Una suora (l’ultima infermiera rimasta) lo riceve con un fucile in mano. C’era un dottore, forse è impazzito e comunque è scappato. Nessun libro di testo aveva preparato Lucius a quello che lo aspetta, tanto più che l’unica volta che aveva messo le mani su un paziente era stato per levargli un enorme tappo di cerume da un orecchio. Arti da amputare, mandibole mancanti, ossa craniche spaccate - per elencare alcuni casi. Oltre a quel male che verrà poi chiamato Stress Post Traumatico, che rendeva i soldati catatonici, che li faceva urlare in preda agli incubi nella notte. Era una fortuna che Lucius si fosse fratturato un polso alla partenza, anche se allora aveva maledetto la sua caduta sul ghiaccio. Così poteva affiancare Sorella Margarete e imparare da lei che chissà da chi aveva imparato. Sembrava sapere tutto, era capace di fare tutto, segare e amputare, ricucire e diagnosticare, sempre presente, infaticabile, serena e perfino allegra, energica e dolce. Combattono insieme, Margarete e Lucius, la loro guerra contro la Grande Mietritrice che può nascondersi anche sotto l’aspetto dei temutissimi pidocchi o dei ratti. Strappano alla morte i soldati che continuano ad essere scaricati in quella chiesa-ospedale per poi assistere impotenti a vederseli portare via per essere rimandati al fronte, ad una seconda morte. E c’è un soldato che Lucius si rifiuta di consegnare. Doveva aver subito qualche indicibile trauma, a giudicare dalle condizioni in cui era arrivato. Aveva fatto il suo bene, Lucius, a trattenerlo? È questo un punto chiave della trama, quello che dà una svolta al romanzo, insieme al prevedibile cambiamento nei rapporti tra Lucius e Margarete.

Ogni pagina, ogni parola del “Soldato d’inverno” è puro piacere. L’ambiente elegante della Vienna asburgica, così come l’approccio antiquato alla medicina del vecchio professore di Lucius sono descritti con lieve ironia; il viaggio dell’inesperto Lucius prima e quello di un paio d’anni più tardi sembrano uscire da un libro di avventure, scritto però da qualcuno che ha l’occhio del poeta o dell’artista nel vedere i colori del bosco o i voli del corvo o nel sentire il rumore della neve che cade; l’empatia di Lucius nei confronti dei soldati feriti, la leggerezza delle sue mani sul loro corpo, la dedizione con cui si prende cura di Margarete dopo la sceneggiata da lei fatta per impedire un altro rastrellamento di soldati, fanno di lui un personaggio che amiamo e che vorremmo vedere felice. Quanto a Margarete - è indimenticabile, è unica, capace di imbracciare il fucile e di incredibile dolcezza. E ci riserba delle sorprese, compresa quella del finale che riequilibra tutto, che porta la pace interiore in un mondo che sta gustando la pace dopo quattro anni di guerra.

Un libro bellissimo. Un romanzo di formazione in cui il rito di passaggio all’età adulta non è una sola morte ma una carneficina, una storia di guerra e una grande storia d’amore. Di Amore vero.

Ed. Neri Pozza, trad. Ada Arduini, Euro 18,00, ed. Kindle 9,99

Recensione a cura di

Marilia Piccone

leggerealumedicandela.blogspot.it

Marzo 2020