SE TI ABBRACCIO NON AVER PAURA, FULVIO ERVAS

La malattia di Andrea è un uragano, due uragani, sette tifoni. L’autismo l’ha fatto prigioniero e Franco è diventato un cavaliere che combatte per liberare suo figlio

SE TI ABBRACCIO NON AVER PAURA, FULVIO ERVAS

Mi sono ritratta da questo libro, appena è stato pubblicato. Forse perché due persone a me molto care hanno una un figlio e l’altra un nipotino autistico e non mi sentivo abbastanza forte da aggiungere altra sofferenza a quella derivata dalle loro confidenze. Perché sapevo che la lettura di “Se ti abbraccio non aver paura” di Fulvio Ervas sarebbe stata dolorosa, di un dolore necessario.

Adesso, all’improvviso, è venuto il momento giusto, ho sentito che dovevo leggerlo. E c’è stato il dolore, ma anche momenti di allegria. Soprattutto c’è stata una mia reazione di ammirazione per il coraggio di Franco, il papà di Andrea, per l’amore incondizionato di un padre per il figlio, per la lezione di perseveranza e di pazienza, per la forza interiore di non rinunciare mai a combattere anche quando tutto sembra inutile.

Si è parlato tanto del libro di Ervas e penso che si sappia come è nato: lo scrittore ha ‘raccolto’ la storia di Franco e Andrea Antonello, ne ha fatto come un messaggio in una bottiglia scagliata tra le onde, perché è ora che si parli di autismo, è ora che qualcosa si smuova per dare un aiuto ai genitori che hanno un figlio autistico, per aumentare i centri dove i bambini e i ragazzi autistici possano ricevere terapie.

Tutto è iniziato con il problema di come occupare i mesi di vacanza estiva di Andrea- impossibile mandarlo in un qualunque campo estivo, ovvio. Dopo aver sentito l’opinione dei medici (per lo più contrari- i ragazzi autistici non amano cambiare ambiente), dopo aver superato le paure (e se…? se lui, Franco, si ammala? se Andrea si smarrisce? ci vuole un attimo per perderlo di vista), Franco e Andrea partono per l’America. Ed incomincia il più straordinario libro on the road. Sono atterrati a Miami, Franco noleggia una moto e…via, si parte. Dove li porta il vento o meglio le ruote. Alcuni luoghi erano già stati scelti prima di partire ma in altri capitano o per caso, o accettando suggerimenti, o sbagliando strada. Viene in mente il film cult di fine anni ‘60, “Easy rider”, e alla fin fine, anche il viaggio di Franco e Andrea è una ricerca di libertà, anche se non quella che cercavano i due centauri del film.

Una delle frasi che Andrea riesce a scrivere sul computer dice: “Sono un uomo imprigionato nei pensieri di libertà. Andrea vuole guarire”. Andrea è prigioniero della sua malattia, Andrea è un ‘diverso’ (per altri motivi anche i due hippies di “Easy rider” erano guardati con sospetto perché ‘diversi’), Andrea tocca le pance delle persone per sentirne la fisicità (e queste si ritraggono spaventate), Andrea non riesce a controllare i movimenti, anche se si sforza.

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All’improvviso cola inchiostro, nero di seppia. Le frasi che Andrea ripete e che lo fanno apparire un disco inceppato, l’autonomia personale che fatica a consolidarsi, il dialogo che si spegne facilmente, la sua richiesta di essere morsicato, tirato per i capelli e sempre quel toccare le persone sulla pancia e abbracciarle all’improvviso: tutto questo mi sembra di colpo insopportabile, eterno, al di là delle mie forze.

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Dagli Stati Uniti al Messico e poi a Panama e poi nell’America Latina, perfino in Amazzonia. Ma l’itinerario di padre e figlio si può seguire su una mappa all’inizio del libro. Che cosa succede nei tre mesi di viaggio? Succede che l’esperienza di Andrea si amplia immensamente (tenerissimo l’incontro con una ragazzina in Brasile), che, a sprazzi, acquista una certa autonomia, che il legame con il padre si fa non solo più forte ma anche più intimo, evitando il rischio di una maggiore dipendenza- commovente la notte che Andrea passa, invertendo i ruoli, a vegliare il padre che sta male. E affiora un’altra realtà: che Andrea vive meglio, che è meno diverso là dove la vita è più semplice, più ancorata alle necessità essenziali, dove la cultura tecnologica e di mercato non è ancora arrivata e i legami umani sono ancora spontanei e sinceri.

“Se ti abbraccio non aver paura” non è un libro da leggere e riporre sullo scaffale quando lo si è finito. E’ un libro che deve continuare a lavorare dentro di noi, che deve indurci a riflettere, che richiede un impegno personale da ognuno di noi per aiutare tutti gli Andrea e tutti i Franco che si battono per i loro figli.

Fulvio Ervas, Se ti abbraccio non aver paura, Ed. Marcos y Marcos, pagg. 319, Euro 17,00