OMICIDI NELLA NEVE, OLIVER BOTTINI

Un romanzo ricco di dettagli, di atmosfera e di richiami alla cultura orientale, un libro che ci soddisfa pienamente perché non si limita a darci il brivido del ‘giallo’

OMICIDI NELLA NEVE, OLIVER BOTTINI

Liebau, una cittadina in Germania non lontana da Friburgo, ad una quindicina di chilometri dal confine francese e una cinquantina da quello svizzero. Nevica. Fa freddo. Un monaco buddista con la testa rasata, i piedi nudi nei sandali e una tonaca scura è di certo una vista inusuale. Scatta l’allarme. Il tutore dell’ordine si rivolge alla polizia perché allontani quel mendicante- non si vorrà mica che Liebau venga invasa da quei seguaci di Hare Krishna con tamburelli e canti! Il grasso e anzianotto commissario si dà da fare, ma è inquieto: dopo tutto, quel poveraccio che non sa una parola di tedesco non vuole nulla, ha anche delle ferite sulla testa e sulle braccia. E comunque si allontana dalla città, si dirige verso i boschi. Si congelerà, nella neve. Sta fuggendo da qualcuno?

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Il monaco lo seguiva con lo sguardo. Hollerer ebbe di nuovo la sensazione che quel tipo lo conoscesse molto bene. Che conoscesse tutto e tutti. eppure, o forse proprio per questo, il suo sguardo appariva malinconico ed esausto.

Poi Hollerer credette di scorgere qualcos’altro negli occhi dello straniero: paura

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“Omicidi nella neve” di Oliver Bottini (lo scrittore è tedesco, nonostante il cognome che rivela un’ascendenza italiana) è un thriller decisamente insolito e molto appassionante. Insolito questo inizio che ci incuriosisce. Insolito, pieno di debolezze, facilmente criticabile il protagonista, anzi, la protagonista Louise Boni, che però ci riesce immediatamente simpatica. Forse proprio per le sue debolezze, ma anche per la sua onestà verso se stessa, per il suo senso dell’umorismo, la sua perspicacia, per il suo avere una coscienza. Che la tormenta con i ricordi che non le danno pace e che si identificano con la neve: il commissario Louise (suo padre è francese, in Germania tutti pronunciano il suo nome Luiss- la storia familiare di Louise Boni è una microstoria emblematica di una terra di confine i cui abitanti hanno un’identità ambigua) ha ucciso un uomo.

Le macchie di sangue nella neve sono il suo incubo ricorrente. E il fatto che l’uomo meritasse la morte non allevia il suo senso di colpa. Louise Boni è sulla quarantina, è ingrassata dopo la separazione dal marito, un giovane tassista, che lei invita a casa sua per un po’ di buon sesso insieme, dice che lei ha un tipo di bellezza ‘selvaggia’, che non balza subito all’occhio. Inoltre- caso unico nella letteratura poliziesca per quanto mi sforzi di ricordare- Louise beve. Voglio dire- è quasi un’alcolizzata, del tipo che tiene bottiglie nascoste sotto il lavello, nell’armadietto del bagno, nella tasca interna del giubbotto.

Siamo abituati ai poliziotti- soprattutto nordici, fateci caso, il nostro Montalbano non è mai brillo, e tantomeno Proteo Laurenti che ha moglie e figli- che hanno la sbronza facile. Forse è un modo per allontanare da sé il mondo del Male. Louise, comunque, ha preso a bere dopo la fine del matrimonio e non si sa se quelle che lei chiama le visioni da Jägermeister- morti e disgrazie- siano una sorta di allucinazioni causate dall’alcol oppure se lei debba ricorrere allo Jägermeister per sfuggire ad esse. Fatto sta che, all’inizio di questo caso, Louise viene messa in ferie- perché si curi, segua una terapia e si disintossichi. Louise non è tipo da obbedire. Perfino i suoi superiori dovranno dire ‘meno male’, quando tutto sarà finito, dopo che l’inseguimento allo strano monaco avrà causato dei morti, dopo che si scoprirà chi altro lo inseguiva e perché dovesse essere tolto di mezzo, dopo che Louise sarà ferita.

Oramai si sarà capito che Louise Boni mi piace- ho parlato tanto di lei perché non volevo dire nulla della trama, anche se, ad un certo punto della lettura, si inizia a capire di quali crimini si tratti. Ma Oliver Bottini sa scrivere molto bene e ci trascina nella lettura di un romanzo ricco di dettagli, di atmosfera e di richiami alla cultura orientale, un libro che ci soddisfa pienamente perché non si limita a darci il brivido del ‘giallo’. Un particolare prezioso, una strizzatina d’occhio ad un maestro del genere: Louise sta leggendo “La quinta donna” di Henning Mankell.

Oliver Bottini, Omicidi nella neve, Ed. Beit, trad. Piero Budinich, pagg. 264, Euro 14,00