MEMORIE DI UN VECCHIO GIARDINIERE, REGINALD ARKELL

Un libro squisitamente inglese, percorso da un elegante umorismo

MEMORIE DI UN VECCHIO GIARDINIERE, REGINALD ARKELL

Che personaggio ottocentesco, il giardiniere. Un personaggio che ci parla di un mondo scomparso. Non perché siano scomparsi i giardini, ma perché non ci sono più- o almeno, ci sono più raramente- le premesse economiche per permettersi il lusso di un giardiniere, o di un maggiordomo. Un giardiniere ci parla di un tempo lento in cui ci si sofferma ad osservare il cambio di stagioni, i colori diversi dei fiori della primavera e delle piante invernali. E, sia il giardiniere sia il maggiordomo sono figure prettamente inglesi, che appaiono, quindi, nei romanzi di scrittori inglesi. Come “Memorie di un vecchio giardiniere” di Reginald Arkell (scrittore nato nel 1872), pubblicato per la prima volta nel 1950, ristampato dopo cinquant’anni in Inghilterra ed ora tradotto in italiano per la casa editrice Elliot.


   Il vecchio giardiniere del romanzo si chiama Herbert Pinnegar, soprannominato Vecchia Gramigna. Ma nell’originale il soprannome (che appare anche nel titolo) suona diverso, Old Herbaceous, con uno scherzoso gioco di parole con il nome Herbert. Era stato un trovatello, Herbert, ed era stato cresciuto da una donna generosa che aveva già sei figli, in un’epoca in cui poco importava ritrovarsi con un bambino in più o in meno.
   La direttrice della scuola del villaggio aveva preso Herbert a benvolere e gli aveva comunicato l’amore per i fiori, insieme ai primi insegnamenti su come distinguerne le specie. Finché Herbert aveva vinto un concorso alla Mostra Floreale con un insolito mazzo di fiori acquatici, aveva conosciuto la giovane donna che sarebbe diventata la signora Charteris e che gli avrebbe affidato, in seguito, la cura del giardino della sua villa.
   Forse non ci vuole molto per zappare la terra e coltivare piante e fiori, se lo si fa in maniera casuale. C’è però modo e modo di impugnare le cesoie o di osservare una zolla di terra. C’è chi è capace di immaginare una bordura fiorita quando ancora nessun seme è stato interrato, di vedere accostamenti di colori con l’occhio della mente, di programmare fioriture scaglionate lungo l’arco dell’anno in modo che la vista del giardino sia una gioia perenne anche nei giorni più bui.


   Vecchia Gramigna ha una predisposizione speciale per il giardinaggio, ha sensibilità per il colore, ha amore per il suo lavoro. Che non era stato facile. Era stato un lungo apprendimento, a tratti faticoso, come quando la signora Charteris insisteva perché lui si ricordasse il nome latino delle piante. E tuttavia la sua era stata una fatica ricompensata: prima era stato chiamato una volta a fare da giudice ad un concorso floreale, poi era diventata quasi la norma, che fosse lui l’estimatore della bellezza.


   La grande Storia sfiora Vecchia Gramigna, come ha sfiorato il maggiordomo di “Quel che resta del giorno” di Kazuo Ishiguro. Muore la regina Vittoria, divampa la guerra dei Boeri in Sud Africa, seguiranno poi le altre due guerre in Europa, Herbert è esonerato dal servizio militare. Eppure sono avvenimenti lontani, ne giunge solo l’eco nel giardino di Vecchia Gramigna. I suoi ricordi si focalizzano sulle fragole fuori stagione che è riuscito a far comparire sul tavolo della sua signora o sulla cascata di ipomea blu che ha deliziato la signora Charteris.


   C’è la tristezza della fine di tutte le cose, nella fine del vecchio giardiniere. C’è la malinconia di un viaggio per far visita alla sua signora, che ormai è in una casa di riposo e che non lo riconosce- e però parla di continuo di lui e di quanto fosse bravo.


   “Memorie di un vecchio giardiniere” è un libro squisitamente inglese, percorso da un elegante umorismo. Un libro che parla di fiori e di giardini per parlare di una filosofia di vita che è l’esatto contrario di quella imposta dai ritmi frenetici della città.

Reginald Arkell, Memorie di un vecchio giardiniere, Ed. Elliot, trad. Franca Pece, pagg. 180, Euro 16,00