LA MANO, HENNING MANKELL

Mankell è uno scrittore che saprebbe scrivere anche con la mano sinistra: riesce sempre a darci il piacere della lettura. Anche questo romanzo è una bellissima sorpresa

LA MANO, HENNING MANKELL

Sentivamo la mancanza di Kurt Wallander, il più famoso commissario della letteratura gialla nordica, ma non illudiamoci.

Henning Mankell non ha fatto ‘resuscitare’ il suo protagonista, che peraltro non era morto affatto ne “L’uomo inquieto”, ultimo uscito della serie e destinato ad essere l’ultimo. Ha fatto come il prestigiatore che tira fuori un coniglio dal cappello, ci ha regalato una storia che aveva già scritto (un manoscritto nascosto nel cassetto, insomma) e che si colloca, cronologicamente, prima de “L’uomo inquieto”.

Kurt Wallander ha un sogno, avere una casa in campagna. La desidera da tanto, ora più che mai da quando la figlia Linda è venuta a vivere con lui. Linda che ha deciso di seguire le sue orme entrando nel corpo della polizia di Ystad e lui non sa se esserne orgoglioso o risentirsene- dentro di sé ne teme la rivalità, di certo è geloso del collega con cui la figlia si incontra fuori delle ore di lavoro.

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“Avresti potuto comprare quella casa” disse Linda “e starci fino alla morte del tutto ignaro di avere un cimitero in giardino, viverci senza sapere che d’estate giravi a piedi nudi nell’erba che ricopriva una tomba.”

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E’ un Wallander stanco, il protagonista del breve romanzo “La mano”, un Wallander che sente che sta invecchiando e che è inquieto, come un animale che fiuti un pericolo: c’è un pericolo in agguato, nella sua vecchiaia? Forse. E chissà che quanto gli succede ora non sia una sorta di oscuro presagio. Perché, quando si reca a dare un’occhiata ad una possibile casa da acquistare, trova lo scheletro di una mano nella terra. Se c’è una mano, ci deve essere anche il resto del corpo. E Wallander decide che- uno, non comprerà la casa; due, che si deve scavare nel giardino per trovare l’intero scheletro.

Anche se, quando è chiaro che il delitto (perché di delitto si tratta) è stato commesso una cinquantina di anni prima, è pure chiaro che è caduto in prescrizione: la verità deve venire alla luce, però, lo si deve al morto, anzi ai morti, perché dei cespugli di ribes disordinati rivelano una seconda sepoltura.

Un’indagine di questo tipo, la ricerca di persone di cui sia stata denunciata la scomparsa tanti anni prima, è più difficile del solito. Si brancola veramente nel buio, si parla degli anni della guerra in cui c’erano anche molti rifugiati in Svezia. Prima di tutto bisogna risalire a coloro che erano i proprietari della casa di cui il nostro Wallander avrebbe potuto diventare il nuovo proprietario…

“La mano” non ha la pretesa di essere più di quello che è- un racconto lungo o un romanzo breve. Non ha di certo l’ampio respiro dei grandiosi romanzi a cui Mankell ci ha abituati, quelli in cui il Male assumeva proporzioni gigantesche e tentacolari. Ha qualcos’altro, però. Un’atmosfera autunnale che non è solo nell’inverno alle porte in Svezia, nella pioggia, nel freddo. E’ l’autunno nell’anima di Wallander, una tristezza diffusa, come quando si sta per allontanarsi da chi si ama, come un accomiatarsi graduale da ciò a cui si è abituati, un prendersi in giro da soli prima che sia qualcun altro a farlo perché gli si dà l’appiglio.

Eppure è tutt’altro che triste, il romanzo breve di Mankell, perché è percorso da una lieve ironia che ci fa sorridere- come quando Wallander si chiede se la mano scheletrita sia uscita apposta dal terreno per fargli un cenno, e a noi non sembra neppure tanto strano se fosse andata così, per accumulare più esperienze possibili in quello che resta ancora di vita attiva al commissario Wallander.

Henning Mankell è uno scrittore che saprebbe scrivere anche con la mano sinistra e riesce sempre a darci il piacere della lettura. Applaudiamo dunque al prestigiatore e al suo coniglio: è stata una bellissima sorpresa!

Henning Mankell, La mano, Ed. Marsilio, trad. Laura Cangemi, pagg. 137, Euro 12,00