LA CASA DELLO SPIRITO DORATO, DIANE WEI LIANG

Le indagini della giovane detective privata Mei Wang in una pericolosa Pechino post-olimpica

LA CASA DELLO SPIRITO DORATO, DIANE WEI LIANG

Abbiamo già conosciuto Wang Mei, la protagonista de “La casa dello spirito” della scrittrice cinese Diane Wei Liang, nel precedente romanzo “L’occhio di giada” e, se non ricordiamo tutto di lei, i dettagli ci ritorneranno alla mente leggendo questa sua nuova ‘avventura’. Trentaduenne, ufficialmente un lavoro come consulente visto che la professione di detective privato non è permessa in Cina, un aiutante che viene dalla campagna, una sorella molto bella, molto ricca e molto famosa perché appare in televisione come psicologa, un fidanzato che ha sposato un’altra donna conosciuta in America ma che ora ha divorziato ed intende tornare da lei, un passato doloroso come tutti quelli della sua generazione.

Suo padre, un intellettuale antimaoista, è morto nel campo di lavoro dove tutta la famiglia era stata mandata per essere rieducata- in qualche maniera sua madre era riuscita a venirne via prima con la bimba più piccola ed era stata poi raggiunta da Mei. Un personaggio interessante, Wang Mei: abbastanza giovane da essersi integrata nella nuova sorprendente Cina, non abbastanza da non ricordare le sofferenze che il regime del Grande Timoniere aveva inflitto alla popolazione, a suo agio nell’abbondare dei beni di consumo della Cina moderna e tuttavia per niente avida di denaro, romanticamente attaccata al sogno del suo primo amore e tuttavia assalita da dubbi sul futuro insieme ad un uomo che l’ha ferita profondamente. La forza e la peculiarità di questa protagonista sulla scena del giallo cinese sono proprio in questo suo camminare in equilibrio tra due mondi, sia nel privato sia nel pubblico.

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“Mei non disse niente. La sua solidarietà si mutò in ansia. Possibile che chi era sopravvissuto ad alcune delle peggiori scelte politiche di Mao continuasse a venerarlo come se fosse stato un protettore e un salvatore?

Le su espressioni coniate ad arte “Che mille fiori fioriscano”, “Grande balzo in avanti” e “Rivoluzione culturale” non avevano forse significato anni di terrore? In suo nome, le Guardie Rosse avevano torturato e ucciso i loro stessi insegnanti. In suo nome, suo padre era stato assassinato.”

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Perfino il caso di cui le viene chiesto di occuparsi ha le sue radici nel passato, nelle vecchie tradizioni cinesi, e ripercussioni nel presente stravolto dalla nuova economia. Da generazioni la famiglia Song, proprietaria dell’azienda farmaceutica La Casa dello Spirito Dorato, tutela il segreto della composizione di una pillola per curare i cuori infranti. E’ una medicina costosissima perché a base di cordyceps, un fungo naturale delle lumache di montagna che vivono solo in Tibet, al di sopra del limite delle nevi perenni. L’avvocato della famiglia Song ingaggia Mei perché cerchi di scoprire che cosa stia combinando l’erede di una fortuna che sta assottigliandosi pericolosamente, quali siano i traffici in cui lo ha coinvolto il loro rappresentante di Pechino che si è spacciato per esperto di rimedi cinesi e li ha allettati con la prospettiva di vendere la pillola dello Spirito Dorato agli ospedali.

Come nei gialli classici c’è un doppio a fianco di Mei, e in questo romanzo non è tanto il giovane e volonteroso Gupin, ma l’ispettore Zhao che, in qualche modo, accentua più pesantemente la caratteristica di Mei di camminare tra due mondi. Perché Zhao è arrivato da poco a Pechino con la moglie e la figlia undicenne in seguito ad una promozione. Sarebbe dovuto essere il realizzarsi di un sogno: dalla campagna alla città, una casa con acqua corrente e una stanza da bagno invece della latrina all’aperto, possibilità di far studiare la figlia, la scalata alla carriera per lui. E invece: i colleghi lo guardano dall’alto al basso, l’alloggio che gli spetta non si è ancora liberato e Zhao paga un affitto alto, la moglie sceglie il turno di notte in fabbrica perché meglio pagato, la bambina va male a scuola- al paese era brava, la sua preparazione e il suo impegno non sono sufficienti nella capitale.

Le voci della vita nella grande città arrivano in campagna ma è solo oro che luccica. Sulla sua bicicletta Zhao respira i gas di scarico nelle strade intasate di Pechino, va a comprare la verdura che un tempo coltivava nell’orto, vede intorno a sé la corruzione dilagante, lo colpisce la diffusione della prostituzione contro cui non c’è retata della polizia che serva- pensa a sua figlia che crescerà in questo ambiente. Né Zhao né Mei rimpiangono il passato, anzi, capita loro di arrabbiarsi davanti a reminiscenze edulcorate del tempo maoista da cui sono stati cancellati i milioni di morti in seguito al Grande Balzo in Avanti e alla Rivoluzione Culturale.

La trama gialla delude un poco, pazienza! Abbiamo seguito Mei nelle strade di Pechino, tra svettanti e scintillanti grattacieli, sui campi da golf, in ristoranti diversi, dentro vecchie abitazioni magnificamente restaurate per salvare la tradizione, in club privati con dubbie frequentazioni. Il finale ci lascia dispiaciuti per Mei e però curiosi, in attesa del seguito.

Diane Wei Liang, La casa dello spirito dorato, Ed. Guanda, trad. Stefania De Franco, pagg. 301, Euro 19,50