GRAZIE PER IL FUOCO, MARIO BENEDETTI

Un padre e un figlio in Uruguay

GRAZIE PER IL FUOCO, MARIO BENEDETTI

Un gruppo di uruguayani si incontra per pranzare in un ristorante di New York. Sono tutti d’accordo nel parlar male del loro paese. Finché arriva la notizia che l’Uruguay è stato devastato da una tremenda catastrofe - non si sa di preciso se sia stata un’alluvione, o un maremoto, ma il paese è distrutto, i morti non si contano. Allora, d’improvviso, non c’è paese più bello dell’Uruguay. Gli umori cambiano nuovamente, quando una telefonata avvisa che è stato un errore…


   Sembra che questa scena iniziale del romanzo “Grazie per il fuoco” di Mario Benedetti (uno dei più grandi scrittori di lingua spagnola del secolo XX, scomparso nel 2009) abbia poco a che fare con il resto del romanzo, e invece ci renderemo conto che è, in qualche maniera, una metafora per l’andamento generale delle cose in Uruguay, paese corrotto in cui nessuno e nulla si muove in un’accettazione senza speranza della realtà. Così come la storia di un padre e di un figlio- che è la trama del romanzo-  assume lo stesso significato profondo, pur essendo validissima come storia in sé.


   Padre e figlio: Edmundo Budiño e Ramón Budiño. Altri due uomini della famiglia: Hugo, il fratello, e Gustavo, il giovane figlio di Ramón. Uomini diversi, di diverse generazioni e con ruoli diversi. Edmundo, il padre, è un uomo di successo, un uomo d’affari che riveste anche una carica politica, un editorialista che gestisce una fabbrica con un pugno di ferro, cordiale, elegante, amante delle donne. I suoi difetti? Può essere altezzoso e sprezzante, autoritario e durissimo con gli scioperanti. Ramón e Hugo, i figli, sono vissuti alla sua ombra.


   Hanno sempre saputo che il loro cognome era un lasciapassare. Tuttora Hugo si avvantaggia della situazione. Ramón scalpita. Dirige un’agenzia di viaggi, suo padre gli ha imprestato i soldi per aprirla. Ma ora che suo figlio Gustavo frequenta l’università e simpatizza con gli studenti ribelli di sinistra, Ramón si sente a disagio, quasi fosse contagiato dall’idealismo del figlio, quasi avvertisse una necessità di limpidezza e di coerenza. Da dove incominciare, se non da suo padre che da molto tempo non è più ‘papà’ ma ‘il Vecchio’? e non c’è alcuna connotazione di rispetto, piuttosto l’opposto, in quel termine.


   La storia del rapporto padre-figlio procede in un’alternanza di passato e presente, con brevi squarci sul passato, su quando Ramón era ancora orgoglioso di avere un padre come Edmundo, di essere additato come un Budiño. Finché aveva ‘sentito’ una scena tra suo padre e sua madre e il papà era diventato ‘il Vecchio’. Che gli getta in faccia che anche la loro ricchezza, come quella di tutti i veramente ricchi, non è ‘pulita’. E lui, Ramón, non ha forse accettato i soldi di suo padre per aprire l’agenzia? A questo punto Ramón decide che deve uccidere suo padre. Ma Ramón, l’equo Ramón dai sentimenti delicati, riuscirà a portare a termine un parricidio?


   È facile capire che Mario Benedetti vuole dire altro, raccontandoci la storia di un dissidio famigliare. Ed è una storia il cui significato politico non riguarda solo l’Uruguay e ci colpisce da vicino, nei tempi senza onore in cui viviamo.


   Alcune pagine troppo esplicitamente didattiche avrebbero potuto essere tagliate, ma è un bel libro “Grazie per il fuoco”, che mescola impegno civico e politico con un lato più personale della vicenda. Perché sarebbe interessante analizzare anche le figure femminili del romanzo- mogli che restano accanto ai mariti per interesse, mogli che tradiscono, donne in cerca di avventure veloci, l’amante di Edmundo che continua a chiamarlo ‘professore’ anche vent’anni dopo essere stata sua alunna…

Mario Benedetti, Grazie per il fuoco, Ed. laNuovafrontiera, trad. Elisa Tramontin, pagg. 265, Euro 17,00