FUNDESAC, RĂSVAN POPESCU

Delitto in una miniera della Romania

FUNDESAC, RĂSVAN POPESCU

“Fundesac”: non ha bisogno di traduzione il titolo di questo breve romanzo noir dello scrittore romeno Răsvan Popescu. E’ il cul de sac francese, un vicolo cieco in un italiano molto meno colorito. E’ il nome dell’ultima delle miniere di carbone lungo la valle del fiume Jiu, proprio nel fondo del fundesac. Trovo leggermente inquietanti questo nome e l’itinerario che ci porta sulla scena dell’azione: prima lungo la stretta vallata e poi la discesa verticale nel sottosuolo, dentro la miniera.


   Una discesa agli inferi, vien fatto di pensare. Perché, non nascondiamocelo, il buio di una miniera è forse quanto più vicino all’idea di inferno riusciamo ad immaginare, la ‘perdizione senza fondo’ di cui parla il poeta Milton, ‘l’orribile prigione’ circondata da fiamme senza luce, da oscurità visibile. E allora, pur sapendo che tutto è reale nel romanzo di Popescu- non la vicenda, ma l’ambientazione, i disagi, le condizioni di lavoro e di vita dei minatori- non possiamo fare a meno di avvertire, durante la lettura, un certo straniamento, la sensazione che tutto quello che avviene abbia anche un altro significato.


   C’è stato un morto nella miniera. Si vorrebbe farlo passare per un incidente sul lavoro, uno dei tanti. Ma Costa, il giovane inquirente che è stato mandato per indagare, non è convinto. Lo sarà sempre di meno, quando altri minatori sfiorano la morte (hanno corso il rischio di essere schiacciati dal vagonetto del carbone che ‘qualcuno’ ha sganciato), quando un altro uomo viene trovato morto e, questa volta, è da escludere che si tratti di un incidente. E tuttavia, mentre Costa si sforza di capire, blocca tutti i minatori all’uscita dei pozzi per cercare di individuare il colpevole, scende lui stesso in miniera vincendo il senso di claustrofobia e di oppressione, appare chiaro che ci siano altri interessi in gioco, che c’è chi non vuole che la verità venga alla luce, che preferisce alimentare le paure della vâlvă della miniera, una delle creature fantastiche del folklore a cui è facile attribuire tutte le malefatte.


   C’è forse qualcuno, in alto, che trarrebbe vantaggio dalla chiusura delle miniere? Costa incomincia a ricevere telefonate durante la notte- sono voci anonime che insultano la donna con cui ha iniziato una relazione per vincere la solitudine e l’isolamento, e infine, una notte, qualcuno lancia una bottiglia incendiaria dentro la sua stanza. Vuole o non vuole capire che deve andarsene?


    Costa non se ne va, scoprirà il colpevole, ma sarà tutto inutile: un finale perfetto per un luogo che si chiama Fundesac, perfetto perché non offre soluzioni per questo noir politico ambientato nel nero di una miniera, tra lavoratori la cui pelle e i cui polmoni sono neri della polvere di carbone che respirano.


     Leggere “Fundesac” è come guardare un quadro, o una fotografia con diversi piani: un primo piano con le riprese dei minatori all’opera (lavoro durissimo), un secondo piano con la vita misera del villaggio (e c’è pure un villaggio fantasma, dove sono tutti morti o scomparsi), dietro ancora, nell’ombra, la Securitate (sempre attiva, nonostante la fine del governo di Ceauşescu), un piano più indietro scorrono i filmati con le riprese della mineriadă (la protesta dei minatori) del giugno 1990 a Bucarest. Di lato Costa, il praticante procuratore, l’osservatore ingenuo malgrado tutto, degno figlio di un padre maestro che non si rassegnava a trovarsi le classi vuote perché la presenza dei bambini era necessaria nei campi.


    Un romanzo a cui fare attenzione- bello, insolito, nerissimo. Dal romanzo è stato tratto un film, presentato al Festival di Cannes nel 1996 con il titolo Prea Târziu e la regia di Lucian Pintilie.

Răsvan Popescu, Fundesac, Ed. Bonanno, trad. Marco Cugno, pagg. 159, Euro 14,00