ALBUM DA DISEGNO, ADRIAN CHIVU

Figlio di un dio minore

ALBUM DA DISEGNO, ADRIAN CHIVU

Una famiglia. Padre, madre, nonna e un figlio. E’ la voce del figlio quella che sentiamo, in questo romanzo bello e inquietante del giovane scrittore rumeno Adrian Chivu. Ci riporta i discorsi che sente in casa, quello che capisce, quello che intuisce, quello che fraintende. Noi che leggiamo avvertiamo qualcosa di strano nella sua maniera di parlare, ma non riusciamo a capire di che cosa si tratti. All’inizio pensiamo che sia un bambino che parla, un bambino a cui piace disegnare e trasformare la realtà in figure su carta. A volte parla del ‘centro’ e di cose che l’insegnante del centro dice (o fa).


   Abbiamo allora il sospetto, che diventa certezza, che il ‘centro’ sia una sorta di scuola per ragazzi che hanno qualche handicap, ma ancora non sappiamo quanti anni abbia il narratore. Finché comprendiamo che questo non è un bambino ma un ragazzo grande che risponde agli stimoli sessuali, che ha impulsi sessuali e ne parla però con un misto ingenuità e di ritrosia dettata da un silenzio imposto che ci fa capire che è ritardato, un po’ ‘lento’ di testa, insomma.


   Quello che il ragazzo ci racconta si svolge in un arco di tre mesi. C’è tensione in famiglia: il padre sta lasciando la mamma (figura centrale nella vita del ragazzo); la mamma piange, supplica, è gelosa, pensa che ci sia un’altra donna; la nonna insiste che è il ragazzo la causa dell’allontanamento dell’uomo di casa e che la mamma dovrebbe decidersi a farlo internare. Al centro il ragazzo vede la bella insegnante impegnata a fare quello che lui non dovrebbe vedere. A casa un’amica della mamma lo stuzzica e gli intima di tacere- altrimenti verrà internato.


   Il ragazzo riempie fogli con disegni molto bui, passa il tempo sotto un albero che gli piace (proibito allontanarsi), parla di un nascondiglio segreto per i suoi tesori. C’è altro ancora di cui parla, del suo infilarsi nel letto della mamma ora che il papà non c’è, di una visita della mamma dal dottore, della nonna che continua ad avercela con lui.


   C’è qualcosa di inquietante in quello che il ragazzo racconta, di morboso nei rapporti famigliari. La nostra inquietudine nasce dalla discrepanza tra la maniera piana in cui il ragazzo ci racconta, quasi si trattasse di un gioco, e la gravità dei fatti di cui parla. Nasce dall’incertezza di avere afferrato in modo giusto il significato delle sue azioni, perché ad un certo punto la realtà si mescola al sogno, i personaggi in carne e ossa sfumano in ombre. E sì, abbiamo capito bene, i risultati sono lì, davanti al ragazzo, con la mamma angosciata che non vuole mangiare. Morboso il rapporto tra nonna e mamma, ancora più morboso quello tra mamma e figlio.


   E’ anche inquietante, perfino disturbante, il quesito che il libro pone, su quale atteggiamento si debba tenere verso i ‘figli di un dio minore’, sui confini tra irresponsabilità e colpa, su che cosa sia meglio fare- per loro e per gli altri-, su come tutelare la loro sanità e quella degli altri, su come affrontare drammi simili in una coppia, in una famiglia. “Album da disegno” è un romanzo che non si dimentica, anche per il notevole sforzo stilistico di rendere letterariamente una voce ‘diversa’- non così distaccata dalle connessioni logiche come il Benji de “L’urlo e il furore” di Faulkner, ma ugualmente e innegabilmente diversa.

Adrian Chivu, Album da disegno, Ed. Aisara, trad. Ileana. M. Pop, pagg. 206, Euro 15,00