“Una questione di tempo”, di Alex Capus

"Un libro che si legge sospinti dal desiderio di sapere di più - e questo è straordinario perché in realtà noi sappiamo dall’epilogo in apertura che tutto finirà molto male" (M. Piccone).

“Una questione di tempo”, di Alex Capus

Inizia dalla fine, il romanzo basato su un frammento di storia vera dello scrittore svizzero Alex Capus. Inizia con un uomo, Anton Rüder, che giunge in vista dei binari di una ferrovia. Sono dieci giorni che fugge nella savana. E’ stremato. Sente odore di pappa d’avena. Neppure vede i soldati inglesi intorno al fuoco. Si precipita sul pentolone, fugge, si inciampa, cade, lecca il cibo che si è rovesciato addosso, piomba nel sonno: sappiamo che è vivo, che questo personaggio che ancora non conosciamo deve essere sopravvissuto ad una terribile avventura. Ci prepariamo a leggerla.

E’ il novembre del 1913 e tre maestri costruttori di navi ricevono l’ordine dell’Imperatore Guglielmo di smontare la nave a vapore Götzen, trasportarla nelle colonie tedesche dell’Africa orientale e rimontarla sulle sponde del Lago Tanganica. E’ un lavoro ben pagato, i tre staranno lontani da casa per un annetto, ne vale la pena.

In Inghilterra il comandante Geoffrey Spicer-Simson deve obbedire ad un ordine analogo che, però, sfiora l’impossibile: trasporterà due piccole imbarcazioni, a cui lui darà il nome assurdo e ridicolo di Mimi e Toutou, prima per mare fino a Città del Capo e poi via terra, su un sentiero non battuto nella giungla, fino all’altra sponda, quella inglese, del Lago Tanganica. Perché intanto è scoppiata la guerra, le due bagnarole inglesi devo assolutamente mettere fuori gioco la nave tedesca, l’unica di cui sono a conoscenza, più vecchia e più piccola della Götzen.

La narrazione segue questi due filoni e il tono di ognuna è molto diverso. Quando i tre tedeschi arrivano in Africa, un nuovo mondo si spalanca davanti a loro - si scontrano con la rigida disciplina dell’esercito (il tenente capitano von Zimmer è decisamente antipatico e arrogante), vedono (e non approvano) l’atteggiamento colonialista, imparano ad apprezzare la natura selvaggia, il cibo, la compagnia di quegli uomini (e anche delle donne) che hanno la pelle diversa da loro ma con cui si intendono benissimo. E si crea una spaccatura: gli indigeni disprezzati e trattati come esseri inferiori da von Zimmer e da coloro che questi rappresenta, rispettano e diventano amici dei tre lavoratori tedeschi. Davanti alle lacrime di Anton Rüder, sconvolto dalla sua prima esperienza di guerra, l’elegante guerriero Masai dice: lascialo piangere. Ogni giovane guerriero dopo la prima battaglia è addolorato per aver perso l’innocenza. È un fatto normale e necessario. E dopo, E’ sbagliato mandare in guerra dei costruttori di navi: siete dei bravi operai, non guerrieri.

Il filone ‘inglese’ ha da subito un tono fortemente ironico che sfocia nel comico. Perché Spicer-Simson è uno sbruffone e un gradasso, è ridicolo nei suoi atteggiamenti e tale appare agli occhi degli altri. Le sue imprese prima della spedizione in Africa lo coprono di vergogna, tanto da venire destituito. Ma chi altro potrebbe accettare un incarico così assurdo e disperato come quello che gli viene affidato? E qui Spicer-Simson si riscatta. Non solo perché, nonostante le sue spacconate, dimostra di essere un bravo comandante, ma anche perché si ridimensiona e, stranamente, il giudizio che lui dà di se stesso cambia in maniera inversa a come cambia l’opinione che gli altri hanno di lui.

“Una questione di tempo” è un libro che si legge sospinti dal desiderio di sapere di più, di scoprire che cosa accadrà - e questo è straordinario perché in realtà noi sappiamo dall’epilogo in apertura che tutto finirà molto male. Ma vogliamo sapere come verrà orchestrata questa guerra assurda da un lato e dall’altro del lago. Assurda perché - che cosa stanno facendo tedeschi, belgi e inglesi sul Lago Tanganica? Che cosa ha a che fare tutto questo con una guerra che si combatte a migliaia di chilometri da qui, con accordi finali su cui ben poco influiranno una o due navi affondate nel Lago Tanganica?

Piace l’atmosfera, piacciono i personaggi (anche quelli di colore), piace quel non so che di avventuroso, piace la comicità che trasforma la realtà in assurdo.

Ed. Keller, trad. Franco Filice, pagg. , Euro 17,00.

Recensione a cura di

Marilia Piccone

leggerealumedicandela.blogspot.it

Settembre 2019