“MoranteMoravia. Una storia d’amore” di Anna Folli

«Fece di Elsa la sua croce, il suo angelo sterminatore, la sua oscura coscienza critica».

“MoranteMoravia. Una storia d’amore” di Anna Folli

“MoranteMoravia”. Entrambi i cognomi. Guai a sbagliare, anche solo ad accennare che Elsa Morante era sposata con Alberto Moravia. Una volta che lui le aveva indirizzato una lettera come ‘Elsa Moravia’, perché si trattava di una cosa urgente e temeva il postino non sapesse che abitava con lui, la furia di Elsa era stata feroce. Storia di un amore che, tra alti e bassi, con infedeltà e separazioni, con liti e rappacificazioni, durò tutta una vita. Storia di due giganti della letteratura, diversi quanto lo si può essere. Storia di un ambiente culturale, di un circolo di amici con nomi che diventeranno famosi nel mondo della letteratura, del cinema, dell’arte. Storia d’Italia nel mezzo secolo che va dagli anni ‘30 agli anni ‘80 del ‘900. Il libro di Anna Folli è tutto questo, la biografia intrecciata di due persone che si legge come un romanzo che ha il fascino di una storia vera.

Il loro primo incontro fu un colpo di fulmine, almeno per la ventiquattrenne Elsa che, al momento di lasciare il ristorante, fece scivolare le chiavi di casa sua in mano di Alberto. Anna Folli, però, prima di raccontare del loro incontro, ci parla dell’infanzia e della giovinezza dei due scrittori- Elsa segnata da una storia famigliare che non poteva non influenzarla per tutta la vita (il padre naturale suo e dei suoi fratelli e sorelle non era il marito della madre, l’Augusto Morante di cui tutti portavano il cognome), Alberto colpito dalla malattia che lo costrinse per lunghi periodi all’immobilità. Il loro amore iniziato del 1936 sarà sempre tempestoso, forse soprattutto per il carattere di Elsa, capace di grandi passioni e di generosità, ma anche suscettibile e ombrosa, con un esacerbato bisogno di autonomia. Da parte sua Alberto si prendeva delle distrazioni, e però era Elsa che amava, di Elsa che aveva bisogno per il suo equilibrio. Era impensabile, per ognuno dei due, stare l’uno senza l’altra. Erano tempi difficili, entrambi erano antifascisti e passarono insieme il durissimo inverno del ’43, nascosti sui monti laziali dove erano fuggiti quando Alberto era stato avvisato che era in una lista di deportazione. Elsa non si staccò mai dal suo fianco- per tutta la vita, d’altra parte, anche quando già Alberto viveva con Dacia Maraini, quando Elsa subiva il fascino di artisti giovani e omosessuali, l’uno o l’altra accorrevano in sostegno di chi dei due ne avesse bisogno.

MoranteMoravia erano orgogliosi dei loro successi, quando iniziarono ad arrivare. Il Premio Strega per Elsa con “L’isola di Arturo”, per Alberto con “I racconti”. Le traduzioni all’estero, gli inviti. Sono tanti i nomi famosi che balzano fuori dalle pagine del libro di Anna Folli, li ricordiamo e li conosciamo tutti, da Luchino Visconti a PierPaolo Pasolini, da Natalia Ginzburg a Curzio Malaparte. E Anna Folli li riporta tutti in vita, ci pare di vederli e sentirli parlare, nelle lettere e negli stralci di parole riportate da testimonianze.

Quando ci separiamo da Elsa e da Alberto proviamo una grande tristezza e una cocente nostalgia. Tristezza per le sofferenze di Elsa alla fine, lei che era così bella (il più bel viso che avesse mai visto, secondo Natalia Ginzburg), così radiosa, con una mente così vivace. La morte non risparmia nessuno, ma c’è qualcosa di ingiusto nella sorte di Elsa. Nostalgia per un passato irto di difficoltà e di prove da superare (anche, banalmente, la fame) ma intellettualmente vivo, per anni in cui si respirava cultura, si discuteva mettendosi alla prova. E i premi non erano già previsti, i libri non erano merce da pubblicizzare sui social, nascevano da un’esigenza interiore che non compiaceva il gusto del pubblico.

Il libro di Anna Folli fa nascere in noi il desiderio di restare in compagnia di Elsa e di Alberto, di leggere o rileggere i loro romanzi- indizio certo che “MoranteMoravia” è un bel libro.

Ed. Neri Pozza, pagg. 297, Euro 18,00

Recensione a cura di

Marilia Piccone

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