“Il silenzio della città bianca” di Eva García Sáenz de Urturi

Appassionante, coinvolgente, originale e terribilmente affascinante.

“Il silenzio della città bianca” di Eva García Sáenz de Urturi

La cittadina basca di Vitoria. Ne conosceremo tutte le strade, tutti gli antichi monumenti, tutte le usanze e le festività quando avremo terminato la lettura del romanzo di Eva García Sáenz de Urturi. Sapremo perfino qualche parola in basco, ad esempio eguzkilore, il fiore del sole, una sorta di cardo il cui nome è Carlina Acaulis. E’ usanza nei paesi baschi mettere un eguzkilore sulla porta per tenere lontano il male, ma, ne “Il silenzio della città bianca”, finirà per accompagnare il Male, per essere la firma dell’assassino che è solito metterne tre accanto ai corpi delle sue vittime, uccise a due a due, in coppie che hanno la stessa età che salta di cinque anni in cinque anni- erano due neonati le prime vittime trovate vent’anni fa (strazianti, il maschietto e la bambina, distesi uno accanto all’altro, ognuno con una mattina appoggiata sulla guancia dell’altro), avevano quindici anni le ultime due vittime, trovate sempre nella stessa posizione. C’era anche una sofisticata ricostruzione di epoche storiche da individuare nei luoghi dove i corpi erano stati trovati- uno dei motivi per cui dei delitti era stato accusato Tasio Ortiz de Zárate, archeologo molto noto in Vitoria sia per la posizione sociale della sua famiglia, sia per le sue brillanti trasmissioni televisive, sia per essere ‘uno di due’. Il suo gemello identico, Ignacio- tutt’altro carattere, tutt’altra carriera, era un ispettore di polizia- lo aveva identificato come serial killer e lo aveva arrestato di persona.

Ed ora Tasio, dopo vent’anni di carcere, sta per uscire di prigione per una settimana di permesso. E gli assassinii ricominciano da dove si erano interrotti. Una coppia di vent’anni. Una di venticinque. Una di trenta. Il panico serpeggia per Vitoria. La morte colpisce da vicino il commissario Unai Lopez de Ayala, sarebbe bene anche lui stesse in guardia- compie quarant’anni. Può essere ancora Tasio che manipola qualcuno che compia i delitti al suo posto? Oppure c’è stato un errore madornale vent’anni fa, e Tasio aveva ragione nel proclamarsi innocente. E se fosse stato il contrario, se fosse stato l’altro gemello a uccidere in questa sinistra vicenda in cui il numero due ritorna come un’ossessione? Comunque Tasio esce di prigione. E scompare. Anche il gemello Ignacio scompare. Quanti anni hanno i due Ortiz de Zárate?

Parallelamente alla trama principale scorre un’altra storia negli anni 1969-1970. Un fidanzato e un marito violento, un matrimonio infelice, un medico troppo gentile, dei bambini che vengono al mondo, mentre, nel presente, ci sono dei bambini che neppure si affacciano al mondo- forse è la tragedia simile della perdita di figli non nati che unisce il commissario Unai e il suo nuovo capo, una donna affascinante di nome Alba,  quando ancora pensano di avere in comune solo il piacere di correre al mattino presto per le strade deserte di Vitoria. E neppure sono ancora consapevoli di essere entrambi nel mirino dell’assassino.

C’è qualcosa del feuilleton in alcuni risvolti della trama che si svolge nel passato, alcuni dettagli macabri che sanno di ‘déja lu’ nelle vicende del presente, e però “Il silenzio della città bianca” è un thriller che si legge di un fiato- per la splendida ambientazione, per la ricchezza di informazioni sull’architettura degli antichi edifici baschi, per dei personaggi ben riusciti come il commissario Unai (voce narrante che, a metà narrazione, ci anticipa qualcosa che proprio non possiamo accettare) e quel gran vecchio saggio che è suo nonno. Suspense, colore, stile brillante e vivace, il tema della passione e della gelosia, della possessività maschile e della gemellarità con il suo fascino oscuro del doppio e dell’opposto, della rivalità e della simbiosi- ce n’è più che a sufficienza per fare di questo romanzo un’ottima lettura per l’estate.

Ed. Sperling& Kupfer, trad. P. Olivieri, pagg. 446, Euro 16,91

Recensione a cura di

Marilia Piccone

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