MANUELA FIORINI E IL MISTERO DELL'ENIGMA DEL TORO

Morti misteriose, indizi, colpi di scena e, sullo sfondo un terremoto che, anche 500 anni prima, aveva fatto sentire il suo ruggito: Manuela Fiorini, una delle scrittrici dell’associazione di autori modenesi “Semi Neri”, ci presenta il nuovo romanzo del gruppo

MANUELA FIORINI E IL MISTERO DELL'ENIGMA DEL TORO

“L’Enigma del Toro”, ultimo romanzo  targato “Semi Neri”, è un suggestivo giallo ambientato nella bassa modenese, nell’immaginaria frazione di Cà del Toro, vicino a Cavezzo. Abbiamo incontrato Manuela Fiorini, uno degli autori, e ci siamo fatti raccontare la genesi di quest’opera collettiva.

Partiamo dalle presentazioni. Chi è Manuela Fiorini e chi sono i Semi neri?

Manuela Fiorini è una persona che ama scrivere. Ha imparato presto ad amare i libri e a inventare storie e, da allora, non si è mai fermata. Parlando di me stessa, ho provato a fare della scrittura il mio mestiere. Non sta a me giudicare se lo faccio bene o meno, diciamo che ho avuto in dono questo “talento” e questa passione e provo a metterli a frutto nel modo migliore possibile. Prima di tutto, “provando” a fare la giornalista per lavoro e a scrivere storie per hobby.

Una delle “conseguenze” di questa mia passione è stata l’adesione all’Associazione culturale “ I Semi Neri” (www.semineri.it) , che conta in tutto circa una ventina di soci, modenesi, ma non solo. Li accomuna la passione per la scrittura e la cultura. Il nome deriva da un indovinello veronese databile tra il VIII e il IX secolo: “Se paraba boves/alba pratalia araba/et albo versorio teneba/ et negro semen seminaba” (Anteponeva a sé i buoi/ bianchi prati arava/e un bianco aratro teneva’e un seme nero seminava) che è una metafora del mestiere dello scrivere da parte dell’amanuense. I “buoi” sono le dita, i “bianchi prati” il foglio, il “bianco aratro” la penna, allora di piuma d’oca, e il “seme nero” è l’inchiostro.

Tra le pubblicazioni dell’associazioni ci sono le antologie “Solitudine Giapponese”(Il Fiorino), “Emilia la via maestra” (Damster ), “Presenze di Spirito (Damster) e la nostra ultima fatica “L’enigma del Toro” (Damster), appena uscito.

Raccontaci la trama, senza spoilerare troppo, dell’Enigma del Toro.

La storia ha inizio nel giugno del 2012. In un incidente molto sospetto, perde la vita Marco Antonio Tarvisi, stilista di successo e figlio del Marchese Gherardo Tarvisi, patriarca di un’antica famiglia le cui origini risalgono al Rinascimento. I Tarvisi vivono in una grande villa storica in una località immaginaria, Cà del Toro, nei pressi di Cavezzo.

La crisi economica della famiglia, leader della moda a livello mondiale, si è aggravata a causa del  terremoto del maggio del 2012. Durante le indagini, l’ispettore Marcello Prandi conosce la bella e misteriosa Lucrezia Guicciardi, parente della vittima, che gli mostra una lettera avuta da sua nonna, la Marchesa Artemisia Tarvisi. In questo scritto, conservato per decenni, un’anziana governante, Linda Ansaloni, denuncia l’omicidio di Carlo Alberto Tarvisi, avvenuto quasi cinquant’anni prima.

La vicenda ha alcune analogie con la morte di Marco Antonio, così, l’ispettore Prandi comincia a indagare sul passato della famiglia Tarvisi. Marcello e Lucrezia sono così proiettati in un viaggio attraverso i secoli, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale al Cinquecento, quando un altro grande terremoto, quello del 1570, cambiò il destino dei Tarvisi di allora, mercanti di stoffe alla ricerca di un riscatto sociale. Attraverso lettere, indizi, diari, rivelazioni e colpi di scena Marcello e Lucrezia scopriranno un segreto inquietante . Alle origini di tutto, infatti, ci sono le figure tragiche e carismatiche di Padre Ruperto Tarvisi, il fondatore della fortuna della famiglia, e Caterina Barigazzi, vedova Tarvisi, madre di Francesco Niccolò, morto in circostanze misteriose nel 1571.

Attorno ai personaggi principali, ruota una serie di comprimari, come la Marchesa Artemisia Tarvisi, nonna di Lucrezia, lo zio Marchese Gherardo con i figli Francesco Maria e Cesare, l’ambiguo cugino Lorenzo Montichiari, nobile fiorentino, la dolce e determinata Linda Ansaloni, l’anziana governante di Lucrezia. Ogni ricordo, indizio, flash back, poi, è un piccolo affresco della storia di Modena nei secoli, ma non solo.


Quando è nata l’idea di scrivere il romanzo?

“L’Enigma del Toro” è stato scritto da sette autori dell’associazione “I Semi Neri”, Manuela Fiorini, Adalgisa Pini, Daniela Ori, Enrico Solmi, Francesca Poggioli e Marco Panini. All’inizio dell’anno scorso, durante la nostra riunione annuale, abbiamo cominciato a parlare di un nuovo progetto da mettere in cantiere. Avevamo pubblicato già due antologie, “Emilia la via maestra” e “Presenze di Spirito”, entrambi con l’editore modenese Damster (www.damster.it) dove avevamo stabilito un tema (Modena e la sua storia nel primo, racconti di fantasmi per il secondo) e ognuno aveva sviluppato il suo racconto, con ampia libertà nella scelta della trama e del genere .

Volevamo, allora, proporre qualcosa di diverso e abbiamo così pensato di cimentarci in una impresa non facile : un romanzo collettivo. Eravamo orientati su una storia thriller dai contorni noir, una saga familiare che contenesse tante storie all’interno di una “cornice” che le legasse tra loro. Poi, però, c’è stato il terremoto del 20 e del 29 maggio con le conseguenze tragiche che tutti conosciamo.

È nata allora l’idea di ambientare il romanzo nella Bassa modenese, per parlare di quelle terre, della loro storia, della loro gente e, perché no, c’è stata anche la volontà di tenere alta l’attenzione sulla ricostruzione e sulla rinascita delle zone del cratere attraverso, in questo caso, un’opera letteraria.

Quanto c’è nella storia delle vostre sensazioni/paure/emozioni  – tu 

stessa vivi nella bassa modenese  - vissute nell’anno del terremoto?

Ognuno di noi ha vissuto il terremoto con sentimenti dalle sfumature diverse, sebbene con tratti comuni. In base alla vicenda personale, c’è chi l’ha vissuto più da vicino e in maniera più diretta, chi aveva parenti o amici che hanno perso la casa o la fabbrica. Credo che ognuno di noi abbia cercato di trasferire quello che ha provato nei personaggi o negli avvenimenti di cui ha scritto nel romanzo. C’è una parte in cui Lucrezia, la protagonista femminile, rivive la paura della scossa notturna del 20 maggio. Le sue emozioni, i suoi pensieri, sono un po’ il riflesso di quello che ho provato io quella notte.

Lo stesso è anche nel capitolo “La scossa del tempo” di Daniela Ori, quando Caterina Barigazzi vedova Tarvisi vive sulla sua pelle un altro terremoto, quello del 1570. Le emozioni di Caterina, pur spostate indietro nel tempo, rispecchiano le paure che abbiamo vissuto nel 2012. La crisi economica che colpisce la Tarvisi Fashion Group, la casa di moda della famiglia protagonista, è quella che ha colpito molti imprenditori del settore. Con il terremoto viene danneggiata la sede di Carpi e i Tarvisi si ritrovano a dover ricostruire i magazzini, a fare i conti con un mercato che non si ferma, a ripensare il loro futuro…Tutti tratti comuni al tessuto economico delle zone del cratere.

Poi, in ogni flash back, sono stati volutamente scelti periodi “critici” della storia di Modena: Francesca Poggioli ha descritto le emozioni di una ragazza sedicenne all’epoca della Carboneria, Gabriele Sorrentino il periodo della crisi del Ducato Estense, della vendita di Dresda e del conflitto austro-francese, Marco Panini ha ambientato la storia dei suoi “Tarvisi” all’epoca della peste del 1630, Adalgisa Pini ed Enrico Solmi hanno trattato del periodo del Fascismo, del Dopoguerra e della lotta partigiana. Al di là dell’evento del terremoto, credo che ognuno di noi abbia trasferito un po’ delle sue emozioni e del suo vissuto nei personaggi.


Come ha lavorato il vostro collettivo? Stabilito il plot, ognuno si è occupato di un capitolo o ognuno ha “interpretato” uno dei personaggi?

La “genesi” del romanzo è durata più di un anno ed è stata molto complessa, soprattutto nella fase di editing e di revisione. Prima, abbiamo stabilito una trama, che doveva essere la “cornice” che conteneva le altre storie. Nello specifico, la storia del delitto e delle indagini ai giorni nostri. Abbiamo poi identificato e scelto dei periodi storici “critici” dove ambientare i flash back.

Ogni autore, poi, ha scelto quello a lui più affine, per interessi, formazione o conoscenza e ha avuto “campo libero” per quanto riguarda la trama e la caratterizzazione dei suoi personaggi. Sono stati scritti i capitoli iniziali, dove veniva delineata l’ambientazione e la psicologia dei personaggi principali e ogni autore ha scritto la sua storia.

Poi, sono stati scritti i capitoli di collegamento tra le vicende ambientate nel passato, capitoli nei quali riaffiorava un ricordo, spuntava un indizio, veniva trovata una lettera o un diario che fungeva da “chiave” per il salto indietro nel tempo. Alla fine, sono stati aggiunti i capitoli finali della cornice e l’epilogo.

Poi, è iniziato il duro lavoro di revisione e di editing, perché tutto doveva combaciare e incastrarsi perfettamente come in un puzzle.

Abbiamo avuto un coordinatore interno, Gabriele Sorrentino, che aveva già esperienza di romanzi collettivi, mentre per la supervisione finale, ci siamo avvalsi dell’esperienza e del giudizio critico della scrittrice Eliselle, che ha evidenziato i punti di forza e di debolezza del romanzo, consentendoci di migliorarlo ulteriormente.

L’enigma del Toro è anche un viaggio attraverso i secoli. Com’è stato il lavoro di documentazione?

Come dicevo prima, ogni autore ha scelto un periodo storico nel quale ambientare la sua vicenda e si è documentato autonomamente facendo ricerche approfondite. Cito, a titolo di esempio, il capitolo “Resurrexit” di Marco Panini che è un affresco dettagliato della Modena del 1630, quando in città infuriava la peste, la stessa descritta da Alessandro Manzoni nei Promessi sposi.

L’autore si è documentato in maniera approfondita sull’aspetto della città, sulla storia sociale e persino sugli aspetti medici: i rimedi, i palliativi, gli atteggiamenti da tenere, le patenti di sanità…Poi, abbiamo potuto contare su Gabriele Sorrentino, che è uno storico e ha all’attivo diversi saggi, tra cui “Il “Duca” Passerino” ,“L’Affaire Giuseppe Ricci” e l’ultimo “Quando a Modena c’erano i romani” , che ha verificato che non ci fossero errori o omissioni.

Cosa non deve mai mancare in un giallo?

L’effetto sorpresa, il colpo di scena, il finale che non ti aspetti. Se dopo un paio di capitoli il lettore capisce già chi è l’assassino o quale sarà il finale il divertimento è finito. Invece, il gioco consiste nel fare delle congetture, delle ipotesi, che trovano conferme o si trasformano in dubbi e ripensamenti a mano a mano che si procede nella lettura. Se, alla fine, il romanzo sarà riuscito a sorprendere il lettore, a divertirlo, a interessarlo, vorrà dire che siamo riusciti a scrivere un buon libro.

I Semi Neri

L’Enigma del Toro

Damster Edizioni 2013 (www.damster.it)

305 pag - € 15

Credit

La foto di apertura di Manuela Fiorini è di Dante Farricella.

La foto ai Semi Neri (da sinistra Enrico Solmi, Manuela Fiorini, Daniela Ori e Gabriele Sorrentino) è di Cristian Gardinali.