ARISA

Stradanove incontra la cantante potentina reduce dall'applaudita performance al Festival di Sanremo

ARISA

Stradanove ha incontrato Arisa dopo la sua performance di giovedì scorso, al fianco di Max Pezzali, durante la serata festivaliera dedicata al 150° anno dell'Unità di Italia, e in anticipo sul concerto di domani sera, presso "Aquaragia" di Mirandola.
   Scoprendo così che, dietro alla montatura nerd dei suoi occhialoni da cantante stralunata, c'è (anche) un'attrice esordiente, schiettamente improvvisata.

Tornare a Sanremo a tre anni dalla vittoria, come ospite in un duetto. Che effetto ti ha fatto?    È stata un'emozione forte, ma anche poco consapevole: quando ti viene data la possibilità di entrare nel progetto di un altro, anche solo per un breve intervento, devi fare la tua parte e farla di corsa. Un'esperienza molto diversa, quella in duetto come ospite, dal mio trascorso all'Ariston in prima linea. E poi, direbbe qualcuno, “Sanremo è Sanremo”, ed io sono legatissima al Festival, dove è cominciata la mia carriera pubblica. Credo non potrò disaffezionarmici mai.

Perché con Max Pezzali?    È stato lui a volermi, dicendo di avermi scelta per il mio sapere essere credibile a prescindere dal pezzo. E lo ha fatto con una chiamata improvvisa, un pomeriggio, domandandomi di raggiungerlo in prova. È una persona adorabile, di rara bontà. Uno che non si sforza di piacere: piace e basta. Inoltre, ho molto amato il suo brano, “Il mio secondo tempo”, davvero orecchiabile, sul delicato tema della vita dopo i quaranta.

Fra le altre canzoni in gara, con quale avresti voluto presentarti?    Con “Tre colori” di Tricarico. E, ancor più, con “Follia d'amore” di Raphael Gualazzi. La vera follia sarebbe stata la sua mancata vittoria: quello che ha presentato è un pezzo fortissimo. Apprezzo molto il fiuto dalla sua produttrice, Caterina Caselli, nel fare scouting tra i nuovi talenti. Le ho scritto un sms per complimentarmi: è lei, senza dubbio, la migliore discografica italiana. È capace di creare fiori dalle spine.

Il meglio e il peggio dell'esperienza su La7 al fianco di Vittoria Cabello, Melissa P. e Geppi Cucciari.    Il meglio: loro, noi tutte. Un'esperienza al femminile impagabile, che mi ha dato molto anche in termini di riscontro col pubblico. Il peggio: l'inglese. Mi ha causato qualche difficoltà, ma ho risolto “caricando” le parole su cui più tentennavo. Sono fatta così.

“Arisa Special Tour Victor Victoria”: anticipazioni sulla scaletta?    È un bel lavoro, un'idea in cui credo molto, basata sugli arrangiamenti inediti di un repertorio che si estende dalla “Carmen” di Bizet (riformulata sulla melodia di “Toxic” di Britney Spears) a “Liberi Liberi” di Vasco Rossi, passando per “Il Cobra” della Rettore, “E la luna bussò” di Loredana Bertè o “Viva la vida” dei Coldplay.

Una recente prova di attrice, per la regia di Ricky Tognazzi, ed un'altra interpretazione alle porte, diretta da Fabio De Luigi: che dire della tua esperienza cinematografica?    Entusiasmante. Tognazzi mi ha chiesto di recitare nel suo nuovo film,“Tutta colpa della musica”, in uscita ad aprile. La parte sembrava fatta su misura per me, e l'ho subito amata: il mio è il personaggio di Chiara, figlia di Giuseppe (Marco Messeri) e Grazia (Monica Scattini). È una storia di rigidità, la sua: quella di una ragazza afflitta da geovismo, che si divincola da una madre oppressiva ribellandosi con la fuga, prima, e con una “dolce attesa”, poi. Nel suo modo di fare c'è molto del mio: sul set, difatti, mi sono presentata come Rosalba, non come Arisa, e ho continuato ad essere io. Sono una cantante, non un'attrice trasformista.

E in tema di trasformismo: il nuovo look preannuncia una svolta musicale?    Non di fatto: continuerò sul mio tracciato, evolvendomi sempre, seppur minimamente, e rispecchiando le fasi cicliche della mia esperienza di interprete. Il trasformismo lasciamolo a Madonna.