STEFANO MUNARINI

Stradanove incontra un apprezzato redattore di Panini Comics, per l'occasione in veste di penna dietro il fumetto noir "Winnegans Fake"

STEFANO MUNARINI

Per i lettori di comics forse è meglio noto come redattore di Panini Comics, ma Stefano Munarini è anche uno scrittore a tempo perso.

L’abbiamo incontrato per farci raccontare i dietro le quinte, le vicessitudini e le chiavi di lettura di Winnegans fake, la sua graphic-novel (per i disegni di Mauro Ferrero) recentemente pubblicata per le Edizioni BD.

Nella tua postfazione riporti il 1994 come l’anno della nascita del progetto Winnegans fake. Addirittura!

   In effetti è stato un parto piuttosto lungo. A metà degli Anni Novanta avevo preso a pubblicare alcune storie brevi e maturai l’idea, assieme a Giuseppe Camuncoli ai disegni e Giovanni lambertini alle chine, di realizzare una versione nostrana del grande Torpedo. Poi, dal grande fumetto di Abuli e Bernet, virammo verso il Sin City di Frank Miller… per poi atterrare sul nulla di fatto.
Dimenticato per diversi anni, ripresi molto più tardi a rimaneggiare quel plot fino a renderlo un soggetto abbastanza interessante da poter essere proposto. Le edizioni BD,  pur apprezzando l’idea in generale, esigevano un prodotto più corposo e originale, seppur collocandolo in un genere come quello noir, ormai difficile da rinnovare. Feci del mio meglio inventando nuovi personaggi e intrecci ma, soprattutto, uscendo dagli schemi del classico poliziesco.

In che senso?    Lessi da qualche parte che una storia, per essere davvero inattaccabile, andrebbe proposta in chiave drammatica, poi riscritta in chiave poetica e infine in chiave comica. Se tutte e tre funzionano allora hai in mano un soggetto senza punti deboli. Io cercai di andare oltre provando a incastonare questi differenti  stili narrativi nella medesima storia (anche se la mia è più “naif”, che non comica). D’altronde la vita cos’è, se non un mix di sentimenti ed esperienze quasi sempre in contrasto tra loro?

Una volta completato il soggetto hai sviluppato sceneggiatura e storyboard assieme al disegnatore?

   Non proprio. Dopo i primi tentativi con Cammo e Giovanni mi ritrovai smarrito per una selva oscura e dovetti ricominciare daccapo l’impostazione grafica con un altro disegnatore. Al quale ne seguì un altro, poi un altro ancora… da lì i tempi abnormi per arrivare alla recente pubblicazione. In effetti attraversai il girone dantesco dei “disegnatori volatili”, ma non incolpo nessuno per le proprie scelte. Come molti autori in erba ben sanno, coniugare le proprie passioni con altri doveri è sempre difficile. Io stesso vivo d’altro e rimettersi al tavolo da lavoro la sera è un impegno difficilmente da sostenere.
L’aspetto positivo di queste false partenze è che ogni volta rivedevo l’intero scheletro del libro dall’inizio, lavorando di cesello su soggetto e dialoghi. Anzi, confesso che il giorno della consegna all’editore feci una rivoluzione copernicana nell’impostazione dell’intera vicenda!

E qui arriva il disegnatore definitivo, Mauro Ferrero…
  
Quando entrai in contatto con Mauro, ormai era diventato un progetto estremamente diverso dalle sue versioni precedenti. Ripeto, col senno di poi sono contento di averci rimesso le mani così spesso. L’editore mi presentò questo artista chiedendomi di valutare con occhi nuovi se il suo stile potesse coniugarsi allo storytelling di Winnegans fake. Chi avesse avuto modo di sfogliarlo comprenderà bene la richiesta, dato che le sue matite a prima vista sembrano la cosa più lontana da un classico fumetto di genere. Ma, come dicevo, nelle mie intenzioni  il noir era solo la base di partenza per raccontare altro. Quello stile totalmente personale accarezza la scuola Franco-belga quanto l’underground americano ma, come tiene a sottolineare lo stesso Ferrero, se ci sono richiami passati sono del tutto inconsci. Al massimo, frutto della passione per determinati fumetti che macera dentro di noi, si fonde e sfocia in altro. I commenti positivi che raccolgo per quelle tavole sono tra le più belle soddisfazioni che associo a quest’esperienza editoriale.

Il tuo libro lascia emergere una certa passione per il cinema americano di quel periodo.

   Mi piace il cinema in generale, ma inutile negare il fascino esercitato dal genere noir. Quello stesso fascino che peraltro funge da traino nelle scelte di vita dei miei protagonisti. Mi è piaciuto calarmi in una dimensione letteraria e cinematografica che in superficie racconta di detective in trench, poliziotti incorruttibili, bionde fatali e cattivi a tutto tondo, in quel caratteristico chiaroscuro che sembra sottolineare  una rigida linea di demarcazione tra il bene e il male.

Oggigiorno sembra un mondo talmente irreale da poter essere incasellato nel genere Fantastico.

   Questo perché spesso ci si dimentica che quel mondo, seppur molto diverso dai crismi hollywoodiani, esisteva in funzione di un malessere diffuso, soprattutto alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Molti reduci si ritrovarono catapultati in un America nella quale non riuscivano a reinserirsi. Non solo avevano perso un giro, ma spesso tornavano a casa con le mani sporche di sangue. Partivano contadini e tornavano carnefici. Facile immaginare la strana convivenza tra due Americhe completamente diverse, quella della crescita e l’altra che non riusciva a rifarsi una vita. La conseguenza fu una brusca virata verso quel Far West, nel bene e nel male, scritto nel DNA degli Stati Uniti. E allora, come durante la Depressione, ancora una volta il cinema funge da valvola di sfogo ma offre anche il polso della Società.

Ma il cinema ha un ruolo più concreto nel corso degli eventi, no?

   Preferisco non togliere la sorpresa agli eventuali lettori del libro. Basti dire che alcune scene tratte da diversi film dell’epoca vengono riproposte con dovizia di particolari, soprattutto in corrispondenza dei colpi messi a segno. Ci tengo poi a sottolineare che i film non solo sono tutti reali, ma pure la cronologia degli eventi è fedele alla loro distribuzione cinematografica originale.  Se me li fossi inventati in funzione della mia storia sarebbe stato tutto più semplice, ma il fascino esercitato da pellicole quali Giungla d’asfalto o Rapina a mano armata è indiscutibile.

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Chi volesse incontrare Stefano Munarini e Mauro Ferrero per discutere di Fumetto, Cinema e quant’altro, potrà farlo venerdì 22 febbraio nel corso della settima edizione di BILBOLBUL, il Festival Internazionale del Fumetto.L’incontro sì terrà dalle 18,30 presso la libreria Modo in via Mascarella. Alla presentazione seguirà una signing session con sketch realizzati dallo stesso Ferrero per i partecipanti.