MAI JIA

Marilia Piccone ha intervistato lo scrittore cinese in occasione del "Noir in Festival".

MAI JIA

Quest’anno la XXVI edizione del Noir in Festival si è svolta tra Como e Milano, invece che a Courmayeur. Ed è a Milano che ho intervistato Mai Jia, lo scrittore cinese nato nel 1964 che ha vinto il premio Mao Dun (il più alto riconoscimento letterario del suo paese) per il romanzo “Il fatale talento del signor Rong” (ed. Marsilio). Lo incontro nell’atrio del suo albergo- fuori, due grandi alberi di Natale con le lucine, un Babbo Natale con l’abito rosso, ceppi di tronchi di legno per fare atmosfera. È un albergo molto bello, ma io mi chiedo quale sarà la sua impressione, in confronto ai grandiosi nuovi alberghi cinesi. D’altra parte noi siamo un paese formica accanto al colosso Cina…

Mai Jia esce dall’ascensore in compagnia della moglie- lui elegante casual, lei molto carina, giovane, sottile, in nero. L’interprete non è ancora arrivato, Mai Jia non parla inglese, scambiamo chiacchiere con la moglie che, per fortuna, sapendo l’inglese, fa da tramite. Mai Jia mi chiede dove uscirà l’intervista, io naturalmente gli dico che ho letto il suo libro appena è stato pubblicato e ne ho scritto la recensione. Mi domanda se ho letto altri scrittori cinesi (eccome!) e che cosa penso di uno o dell’altro. Una difficoltà non da poco è che la mia pronuncia dei nomi degli scrittori cinesi non coincide con la loro, per fortuna si rimedia con internet, mostrando i nomi sullo schermo del cellulare. Mo Yan è un loro amico- anzi, perché non vado a trovarli a Hangzhou? Inviterebbero a cena anche Mo Yan (sarebbe troppo bello). Gli dico che sono stata in Cina e mi chiede dove. Le mie impressioni? Quale città mi è piaciuta di più? Sono stata affascinata, ogni luogo era diverso dall’altro, ognuno mi ha colpito in una maniera diversa.

Quando arriva l’interprete, capisco subito che non sarà un’intervista facile. L’interprete è giovane, cinese, non capisce bene l’italiano e non riesce a tradurre pienamente le risposte dello scrittore. A volte lo scrittore chiede che io ripeta le mie domande in inglese alla moglie perché sia lei a tradurgliele, perché non è certo di avere capito. Sicuramente quello che è arrivato a me, delle sue risposte, è solo una parte. Mi spiace- non è una bella sensazione sentirsi esclusa dalla comprensione immediata quando si è abituati a seguire quello che gli scrittori mi dicono, se parlano in una delle quattro principali lingue europee.

La prima domanda che gli rivolgo- l’interprete non è ancora arrivato e quindi è in inglese- è una domanda forse un po’ sciocca che mi è venuta in mente un paio di giorni fa, osservando il titolo.

Il nome del signor Rong suona come ‘wrong’, sbagliato, in inglese. C’è forse un significato nascosto, che il signor Rong ha sbagliato tutto nella sua vita, dedicandosi interamente a decifrare i codici?

( Mai Jia sorride divertito) È un’osservazione interessante, ma no, è solo una coincidenza. Non ci ho pensato quando scrivevo il romanzo.

Leggendo il suo romanzo, ho pensato che il personaggio principale non era Jinzhen ma IL CODICE. Il codice come monomania, come quella della balena bianca per Achab, il codice come ossessione, il codice come sfida per l’intelletto, come desiderio di andare oltre e superare se stessi. Qual è il vero protagonista del romanzo?

Sì, sono d’accordo con Lei: il vero personaggio è il codice. Il signor Rong è uno strumento per raccontare la storia. Non è il signor Rong che guida la trama. È giusto quello che Lei ha detto. È importante risolvere i problemi, decrittare i codici, ma io volevo cercare di capire il cuore dell’uomo e questa è la cosa più difficile.

Ecco, questa è proprio un’altra domanda che volevo farle: il finale del libro è sorprendente. Mi sono chiesta se il titolo originale, “Decoded”, si riferisca proprio a questo, che sia Jinzhen ad essere decifrato attraverso il suo diario, alla fine, piuttosto che i codici che doveva decrittare. Mi sono chiesta se non sia “l’uomo” con la sua complessità, il codice più difficile da decrittare.

Devo dirle che Lei ha capito in profondità la storia di questo libro. Io ho usato la storia del signor Rong per dire parecchie cose. Volevo mostrare come il signor Rong risolvesse dei problemi, ma volevo anche parlare del problema che è l’uomo stesso e poi dei problemi della società di quegli anni: sono stati anni drammatici per la Cina e volevo parlarne da questa angolatura. In realtà volevo raccontare di quegli anni in Cina e dei servizi segreti perché sono questi i due simboli della Cina degli anni ‘60. C’era una solitudine diffusa: era questa l’atmosfera della Cina di quegli anni.

Anche questo volevo chiederle: un genio come Jinzhen è sempre e comunque destinato alla solitudine? Sia perché si isola da solo, sia perché viene isolato, emarginato, perché diverso?

All’inizio è stato il suo talento eccezionale che ha determinato la solitudine di Jinzhen che è destinato a restare solo per tutta la vita. Dapprima Jinzhen ha deciso di dover fare ricerche scientifiche per il governo, quando poi viene reclutato per decifrare i codici, questo decide definitivamente il suo futuro di solitudine. Il sistema nazionale degli anni ‘60 era la solitudine. Jinzhen è come un diamante da incastonare in un anello che poi, però diventa uno strumento usato dagli altri. È un diamante che diventa uno strumento per tagliare. Il suo è un destino da eroe. Data la situazione di guerra fredda degli anni ‘60, Rong è stato usato per i servizi segreti- lui non ha potuto decidere della sua vita.

Lei ha lavorato nei servizi segreti. Quale delle sue esperienze lavorative Le è servita per il romanzo? È stato qualcosa di quel periodo della sua vita che ha dato origine al romanzo?

Sì, la mia esperienza è stata di ispirazione per il mio romanzo, ma devo sottolineare che io non scrivo per raccontare la mia vita lavorativa. Se non avessi lavorato per i servizi segreti, non avrei potuto capire tante cose. Un personaggio come il signor Rong può esistere veramente nel mondo dei servizi segreti e il mio lavoro mi ha influenzato. È anche chiaro che, proprio perché ho lavorato per i servizi segreti, devo mantenere il segreto e non posso scriverne.

Genio e follia. Sono molte le grandi personalità delle scienze e delle lettere in bilico sulla linea di confine tra genio e follia. È la speculazione pura, tesa all’estremo, che fa perdere gli agganci con la realtà che è la sanità mentale?

È una domanda molto interessante. Ci sono molti geni che sono diventati pazzi, pensiamo anche al vostro Galileo, a come molti lo considerassero pazzo. Alla fine Jinzhen diventa pazzo perché non ha retto alle pressioni dell’intensità della tensione degli anni della guerra fredda. L’organizzazione dei servizi segreti ha creato degli eroi ma ha anche fatto cose terribili.

Un’ultima domanda- il suo libro pone molti quesiti interessanti, uno è quello di un confronto fra intelligenza artificiale e intelligenza umana. È ozioso chiedersi se quella artificiale potrà sostituire quella umana. Potremmo però ipotizzare una decadenza dell’intelligenza umana perché troppo dipendente da quella artificiale?

Lei è una lettrice professionale- mi fa delle domande su questioni a cui non avevo pensato mentre scrivevo e mi interessa la maniera in cui Lei si interessa alla mia storia. Io penso che l’uomo si lasci usare troppo dall’intelligenza artificiale e alla fine perderà la sua intelligenza. Come dice Lei ci sarà un decadimento dell’intelligenza umana che sarà soppiantata da quella artificiale.

 Leggi la recensione a cura di Marilia Piccone del libro 

"Il fatale talento del Signor Rong"

Intervista a cura di Marilia Piccone

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