JANELLE BROWN

Intervista all'autrice del romanzo 'per donne' "Una fragile perfezione"

JANELLE BROWN

Libri che parlano di donne, scritti da donne, indirizzati alle donne: la critica li sdegna, eppure hanno sempre molto successo, e da sempre. Perché le lettrici amano riconoscersi nei personaggi, piace loro capire come altre donne- seppure personaggi di un romanzo- abbiano risolto i problemi che affrontano quotidianamente. Abbiamo incontrato Janelle Brown per farle domande sul suo romanzo- la storia di una donna a cui il marito chiede il divorzio all’improvviso.

Nel suo libro c’è più di quello che appare ad una lettura veloce. Incominciamo, però da una domanda ‘di superficie’: ha in mente il pubblico delle sue lettrici, quando scrive?
   Non, non avevo in mente i miei lettori o le mie lettrici: ho scritto il libro per me stessa, pensando al libro che avrei goduto leggere e non quello che gli altri avrebbero amato. Ma, d’altra parte, suppongo che sia quello che fanno tutti gli scrittori alle prese con il loro primo libro.

Nel romanzo Lei rappresenta una certa maniera di vivere ed un atteggiamento critico verso questo tipo di vita. Da una parte c’è Janice e dall’altra c’è sua figlia Margaret. E tuttavia Margaret non ha successo nella sua critica, che cerca di esprimere attraverso la rivista “Labbra”: non c’è speranza di successo contro ‘la corrente principale’, contro quello che tutti fanno e pensano?
   Bella domanda: penso che sia una battaglia più difficile oggi di quello che fosse un tempo, perché la corrente principale è così ampia e, parlando di media, è molto difficile per una voce indipendente fare sensazione, come voleva fare Margaret. Margaret, però, aveva delle ambizioni non realistiche: se avesse cercato di fare qualcosa in rete, nei nuovi media nel web, forse avrebbe avuto più possibilità di successo, perché ci sono maggiori possibilità di successo per le voci indipendenti in internet.

E per quello che riguarda la sua vita? Perché mi sembra che Margaret cerchi di sottrarsi alla tendenza generale anche nella sua vita, nella maniera di vestire, nei comportamenti…
   Non penso che sia impossibile essere non conformisti, soprattutto se non ti importa vivere lontana da tutto, isolarti. Ma il problema di Margaret è nell’ambiguità dei suoi desideri: da una parte vuole sottrarsi alla tendenza generale ma dall’altra vuole essere accettata.

Ha scelto tre donne della stessa famiglia e di età diversa: lo ha fatto per avere un’ampia visione del mondo femminile?
   Proprio così: volevo osservare la femminilità e il femminismo dal punto di vista di tre età diverse. Janice ha la visione tradizionale della maternità- stare a casa, occuparsi delle faccende…Margaret appartiene ad una generazione più giovane di un femminismo più aggressivo: le donne vogliono uscire e lasciare il loro segno nel mondo, i figli si faranno dopo; la generazione di Lizzie, infine, non pensa al femminismo, è sopraffatta dai media, da internet, dalla televisione; è una generazione confusa perché riceve troppi stimoli.

Janice e Lizzie sono preda di tentazioni diverse; in un certo senso Lizzie ripercorre il cammino materno, anche se è più giovane di quanto lo fosse la madre quando è rimasta incinta. Se Lizzie avesse portato avanti la gravidanza, sarebbe stata in grado di vivere pure la sua vita? Voglio dire, ai nostri giorni, avrebbe rinunciato alla sua vita, come ha fatto la madre a suo tempo?<br>   Penso di no e per due motivi: perché ora c’è molta più enfasi sullo studio, rispetto agli anni ‘70; e poi ora è anche più facile, inoltre Lizzie avrebbe anche i soldi per cavarsela con un bambino e andare al college nello stesso tempo. I tempi sono cambiati, è diverso da quando era giovane Janice.

Janice e la droga: il ragazzo che gliela vende ci fa pensare che Janice non sia la sua unica cliente. Il problema della cocaina è un problema serio fra gente insospettabile, un po’ come lo era l’alcolismo tra le casalinghe un tempo?
   Non direi che è un problema serio: è stata una libertà narrativa da parte mia. Ho letto però di casalinghe che prendono metamfetamine, piuttosto che cocaina: la cocaina è una droga da società per chi va nei locali. Le metamfetamine, invece, permettono di fare un sacco di cose- come succede a Janice. Non penso che però sia una sorta di epidemia…

Scrivendo un romanzo, vuole semplicemente raccontare una storia oppure intende anche, non tanto insegnare qualcosa, ma indurre i lettori a pensare e trarre le loro conclusioni?
   Be’, questo è quello che fa la letteratura…Avevo due cose in mente, mentre scrivevo il romanzo: raccontare una bella storia e offrire anche una visione di come sia diventato il mondo. Volevo fare entrambe le cose e comunicare quindi delle idee.

Che cosa, in particolare?
   Quello che mi interessava era vedere come l’afflusso di denaro abbia distorto il sogno americano. L’enfasi che nell’ultima decade è stata posta in America sul diventare ricchi e famosi ha reso impossibile la felicità. E’ un sogno impossibile, non si può raggiungere la felicità ideale e il successo è diventato distorto e fuori portata. E’ la perfezione impossibile…E’ quello che sta accadendo ora: la gente vuole sempre più soldi, sempre più di tutto: il risultato è una società vuota.

Non so dove Lei viva ora o dove abbia vissuto, ma mi chiedevo se ha scelto la California come ambientazione per il romanzo perché c’è tanto scintillio dietro l’idea della California…
   Ho scritto il libro in California e vivo in California: penso che sia un posto molto attraente di cui scrivere. E certamente rappresenta il sogno americano: sole, mare, cielo blu, attori del cinema, Sylicon Valley, ricchezza: era l’ambientazione giusta per questo romanzo.

L’uomo del romanzo non ne esce fuori molto bene, anzi, ne esce piuttosto male, sia come marito sia come padre: perché lo ha dipinto in una luce così nera?
   Per un paio di motivi: avevo bisogno di un motore per la storia, avevo bisogno del “cattivo” e Paul era l’ovvio “cattivo”. La brutta cosa che fa nei confronti di Janice mette in movimento la vicenda. E mi interessava come archetipo di una mentalità comune specifica nell’America degli affari: rappresenta i ricchi e i potenti a cui non importa niente al di fuori di loro stessi e dell’arricchirsi, diventando disumani e ambiziosi, tesi al successo, egocentrici ed egoisti. Ecco, Paul rappresenta quel modo di pensare.

Sta scrivendo un nuovo romanzo? Ci può anticipare qualcosa?
   Sto scrivendo il mio secondo romanzo, la storia di una coppia che inizia a disintegrarsi, nello stesso tempo in cui anche l’economia sta crollando. E’ chiaramente ambientata oggigiorno, con questa crisi spaventosa per cui la gente perde le case…