Intervista a Marc Jeanson, autore de "Il Botanista"

Marilia Piccone ha intervistato Marc Jeanson, autore assieme a Charlotte Fauve del romanzo 'Il Botanista'... "Questo libro è per dire che né il computer né gli algoritmi possono sostituire l’uomo perché non tutto si può fare con la tecnica."

Intervista a Marc Jeanson, autore de "Il Botanista"

Non può che avere gli occhi verdi come le piante che ama e a cui dedica il suo libro, Marc Jeanson, giovane responsabile dell’Erbario del Museo Nazionale della Scienza di Parigi. E dai suoi occhi traspare passione ed entusiasmo, quando parla delle piante. Traspaiono anche dalla sua voce- parla velocissimo, come volesse dire quanto più cose possibile, per aggiungere altro a quello che ci ha già detto nelle sue pagine.

In un’era di computer e tablet che cosa resta del botanico? In un’era in cui il tempo si è polverizzato, che mi sembra l’esatto opposto del tempo della ricerca del botanico?

È una domanda importante. Perché questo non è un libro nostalgico. Non l’abbiamo scritto in quest’ottica. Il computer è formidabile, il dna e tutte le nuove tecniche sono straordinarie per capire meglio il mondo degli esseri viventi. Questo libro è per dire che né il computer né gli algoritmi possono sostituire l’uomo perché non tutto si può fare con la tecnica. Quello che l’uomo ha iniziato nel secolo XVI, raccogliendo, identificando e seccando le piante, è una tappa fondamentale. Un computer ci fa analizzare le sequenze del dna, ma se noi non sappiamo di quale pianta si tratti, l’analisi non ha senso. Va bene studiare le molecole, ma se non sappiamo da dove vengono queste molecole, la ricerca non ha senso. Quindi, evviva il computer, evviva il dna, ma non possono sostituire il gesto storico del botanico e del suo sapere che oggi si rivela indispensabile per la costruzione del nostro futuro.

Ci sono ancora luoghi da esplorare e piante da scoprire? O forse, proprio perché tutto si evolve, ci saranno nuove specie di piante che non esistevano prima e non ci sarà fine alle scoperte?

E sì, c’è ancora molto da scoprire. In Colombia- il paese che è più ricco in biodiversità per unità di superficie- si scoprono centinaia di specie nuove di piante e fiori. Le scoperte sono soprattutto nelle zone tropicali dove c’è la maggior parte di biodiversità del pianeta. Se non si vuole restringere il campo alle piante, ma si vuole includere tutto il mondo vivente- funghi, alghe, batteri, organismi unicellulari- sono stati descritti solo il 10/15 % delle specie fino ad oggi.

Visto che parliamo di scoperte, come ha ‘scoperto’ la sua vocazione di botanista? E come ha scoperto le palme?

Perché le palme? Per un discorso estetico. A 15 anni ho conosciuto le palme nell’Ovest del Senegal e mi hanno affascinato. La bellezza delle piante è una bellezza accessibile a tutti.

Devo confessarle che, quando ho letto del suo amore per le palme, mi sono sforzata di ‘vedere’ tutta la bellezza che ci vedeva Lei, ma non ci sono riuscita.

Nella Liguria dove sono nata le palme sono morte per una malattia. E’ tristissimo vedere il paesaggio senza le palme.

Nel suo libro parla di tante cose di cui non sapevo nulla. Una mi ha colpito in particolare: il carporama. Me ne può parlare?

Di recente, a Mantova, uno scrittore mi ha parlato dei fiori di vetro del Museo dell’università di Harvard- è un po’ la stessa cosa, no? Un materiale diverso con lo stesso scopo.

Mi ha già detto che questo non vuole essere un libro nostalgico. Io però ho avuto l’impressione che volesse essere un contributo alla memoria, una sorta di testimonianza di un mondo che forse non sta scomparendo ma che di certo non viene guardato con l’attenzione meritata. Che fosse una sorta di ‘carporama’ di parole.

È interessante che Lei lo dica. Io sono stato fortunato a vedere l’Herbier prima del rinnovo. Il mondo è cambiato completamente e io volevo ne restasse testimonianza. Non la chiamo ‘nostalgia’, ma è lecito osservare che questa scienza non è viva oggi come lo era un tempo. Dico che era meglio prima, ma potrebbe anche tornare ad essere come era. Nel libro c’è una testimonianza in una maniera che non è mai stata fatta prima.

Fra i botanisti del passato- tutti personaggi singolari- quale è quello che Lei ammira di più per quello che ha fatto?

È impossibile rispondere. Però tutti hanno qualcosa in comune: la passione di dedicarsi alle piante. Io devo tutto a queste persone- queste collezioni che abbiamo oggi sono dovute a tutti loro. E poi provo affetto per alcuni di loro. Patrick Blanc è un mio amico e allora si sente che ne parlo con più affetto, che è stato importante nella mia vita. Di tutti loro ammiro moltissimo la dedizione a questa passione.

Ho letto il libro cercando di continuo su Google le fotografie delle piante di cui Lei parlava: mi sarebbe piaciuto che il libro fosse corredato da immagini delle piante.

Mi è stato detto anche da altri lettori. In realtà è stato il mio editore francese, Grasset, a non voler inserire immagini nel libro, perché questa è la loro linea editoriale. In compenso il mio editore in Germania aggiungerà delle foto. All’inizio mi sono sentito un poco frustrato da questa mancanza e poi, però, ho pensato due cose: che il lettore può far ricorso a Google, come ha fatto Lei, e che l’assenza di foto lasciava libera l’immaginazione.

Intervista e foto realizzate da Marilia Piccone

leggerealumedicandela.it

Ottobre 2019


Leggi la recensione del libro "Il Botanista" di Marc Jeanson e Charlotte Fauve, a cura di Marilia Piccone