ARNO GEIGER (SPECIALE TORINO)

Stradanove intervista l'autore austriaco del romanzo "Stiamo tutti bene"

ARNO GEIGER (SPECIALE TORINO)

“Stiamo tutti bene” ha vinto nel 2005 il Deutscher Buchpreis ed è arrivato adesso nella traduzione italiana insieme al suo autore, Arno Geiger, invitato alla Fiera del Libro di Torino. Abbiamo intervistato Arno Geiger, che è nato nel 1968 a Bregenz, in Austria, e ha studiato all’università di Innsbruck e di Vienna

Mi pare che il suo sia un romanzo ingannatore: iniziamo a leggerlo e ci pare un romanzo sulla memoria, continuando la lettura sembra essere sempre più un romanzo sull’oblio. E’ un romanzo su entrambe le cose?
   Sì, su entrambe le cose- la memoria e l’oblio sono fratelli e quindi sì, è un romanzo su tutti e due. Perchè la memoria sta più vicino all’oblio di quanto ci stia ciò che accade; un romanzo convenzionale sulla famiglia è un romanzo in cui di solito c’è l’elaborazione della memoria, e io volevo scrivere un romanzo sull’oblio, perché la parte dell’oblio è la più grande nel mondo e l’esperienza di tutti è che le cose vanno perse nella memoria e c’è un momento in cui non c’è più nessuno a cui fare domande su quanto è successo ed è andato perso.
   L’ultimo punto da sottolineare è che questo è un romanzo austriaco: l’oblio è una tradizione in Austria. Il vero inno austriaco non è quello ufficiale ma è tratto dall’operetta “Il pipistrello” di Strass, che dice: ‘Felice colui che dimentica’, e questo nel paese che ha dato i natali a Freud che ha lavorato sulla dimenticanza nel subconscio.

Da un po’ di anni è stato istituito un giorno della Memoria: si può obbligare qualcuno a ricordare?
   No, non credo che si possa obbligare qualcuno a ricordare, ma è un gesto simbolico, molti gesti nel mondo sono di natura simbolica e sono importanti lo stesso: anche queste cose tengono insieme il mondo. E’ una coincidenza singolare che il giorno della Memoria sia anche il giorno della nascita di Mozart. Ma Philipp viene costretto a ricordare, lui non vuole, ma ci è costretto. Questa ambivalenza di Philipp, questa frizione, è uno degli elementi più importanti del romanzo.

Memoria personale e memoria storica, una parte integrante dell’altra: nel suo romanzo vuole anche alludere alla smemoratezza storica di un intero paese, il suo?
   Dopo il 1945 ci fu una strategia ufficiale nella politica della rimozione e questa strategia fu applicata anche negli ambiti privati. Così anche all’interno delle famiglie c’è stata una rimozione della Storia. Una politica culturale che funzioni bene sarebbe la condizione necessaria per far funzionare un paese, ma in Austria questa cultura non c’è ancora- e non mi pare ci sia neppure in Italia. E naturalmente ci sono ripercussioni di questa mancanza sul privato.

L’opposizione di Richard al nazismo è solo accennata: era possibile aderire solo debolmente al nazismo senza essere perseguiti?
   Richard è un oppositore del nazismo per puro caso, per i suoi interessi privati: se la prende con i nazisti per la questione del negozio di biancheria. Richard è apolitico, ha cercato di intrecciare gli interessi privati con quelli politici, e ne è venuto fuori un personaggio in cui prevale l’interesse per gli affari privati. Sicuramente esiste qualcosa come l’immigrazione interna- con questo termine si definiscono coloro che, durante il Nazismo, sono rimasti nel paese assumendo un atteggiamento neutro. Ma assumere questo atteggiamento neutrale significa parteggiare per il più forte. Il non impicciarsi, non vedere, non sentire, porta infine ai fatti recenti in Austria, del padre che ha tenuto segregata la figlia per 24 anni e nessuno sapeva, aveva visto o sentito. Il romanzo è proprio su questo: non si può separare il politico dal privato.

Leggendo il capitolo del giovane Peter ferito durante gli ultimi giorni di guerra, pensavo che la sua vicenda si sarebbe incrociata con quella di Otto. Oppure Otto è il ragazzo senza nome che muore spingendosi in dentro gli intestini? Perché mettere in primo piano Peter e non Otto?
   Non si sa se il ragazzo ferito mortalmente sia Otto o no, non volevo costruire un incontro casuale; è probabile che in ogni modo Otto sia morto in maniera simile. E mi serviva fare di Peter il personaggio principale per dargli un passato, perché Peter mi serviva dopo nel romanzo e tutto il futuro di Peter è improntato su questa esperienza di gioventù.

Osserviamo che l’alveare di Alma è stato acquistato da un vicino che parte all’inizio del nazismo; non viene detto ma possiamo pensare sia un ebreo, si chiama Löwy, e né Alma né Richard gli dedicano un pensiero: cecità storica invece che oblio? E che cosa rappresenta l’apicultura per Alma?
   Richard e Alma non hanno pensato a nulla, gli faceva comodo così, gli bastava sapere che se ne andavano e l’unico pensiero di Richard fu che sperava che il vicinato restasse tranquillo come lo era allora. L’apicultura per Alma è prendersi cura di qualcosa, come fosse un atto caritatevole: lei non era stata in grado di proteggere i suoi figli, ecco, adesso si prende cura delle api. Alma vive in un suo mondo, è il personaggio che più di tutti gli altri sta da sola con se stessa. E’ importante mostrare che tutti sono un poco vittime, perché il secolo XX con tutti i suoi orrori è stato un secolo dove c’era più sofferenza che felicità ovunque, e poi c’è stata una generazione che ha avuto la sfortuna di nascere nel momento sbagliato.

Philipp ci pare un uomo senza qualità, incapace di amare, incapace di agire, dice di essere uno scrittore ma non lo vediamo mai all’opera…
   Non sono d’accordo, non vedo così Philipp. E’ ferito, vulnerabile, è il più danneggiato dalla storia della sua famiglia. Quello che non ha avuto in passato lo cerca ora da Johanna, dai vicini e dai due operai. Vuole tenerezza, attenzione e finisce per chiedere ai due operai di portarlo via con loro. E’ il primo passo che fa verso il positivo- chiedere di portarlo via- un passo verso il prossimo. E’ la prima volta che si apre verso gli altri. Verso la fine c’è un’immagine che è una metafora: quella di lui sul tetto, Philipp cavalca il tetto dei suoi nonni verso il futuro. Non lascia la casa, ma cavalca sulla casa e la porta con sé.

Una domanda tecnica sulla costruzione del libro, diviso in capitoli che corrispondono a 21 giornate in un arco di 63 anni. Ha preparato una sorta di griglia, prima di procedere alla stesura del romanzo?
   Sì, sapevo da quale prospettiva sarebbe stato visto ogni giorno e quale personaggio sarebbe stato il protagonista, altrimenti sarebbe stato impossibile incastrare il tutto.