PIETRO RIVASI

Icone, uno dei più longevi festival italiani di writing e street art, è una delle sue"creature" più note. Stradanove incontra il modenese Pietro Rivasi, writer, gallerista, promotore e organizzatore di eventi culturali.

PIETRO RIVASI

Writers, artista, gallerista, promotore e organizzatore di eventi culturali. E non solo. Pietro Rivasi conosce come pochi il mondo della street art e, più nello specifico, dei graffiti (ha curato per anni la sezione omonima su Stradanove).
Lo abbiamo incontrato e abbiamo chiacchierato di arte “di strada” e arte “di galleria”, dei muri di Modena e delle nuove tendenze urbane e suburbane.

Quando è nata la tua passione per i graffiti?

Moltissimi anni fa, sarà  stato l'89 più o meno, in tv andò in onda "Trasher corsa al massacro", un pessimo film che mi rivelò l'esistenza dello skateboard che all'epoca era ancora un fenomeno alquanto di nicchia in Italia, ma già con un suo mercato: le tavole si trovavano anche nei negozi di giocattoli ed esistevano le prime riviste. Proprio su queste, vidi delle foto di graffiti… e da qui è cominciato tutto.

A Modena non c'era nulla o quasi all'epoca, i primi pezzi dal vivo che ricordo, e che ho iniziato a fotografare, li ho visti a Grosseto dove andavo in vacanza e dove già  esisteva un po' di "scena". In seguito ho scoperto l'"Aaargh!" negozio di musica underground che aveva una parete dipinta da "Shan-R": non ricordo esattamente quando ho provato in prima persona a prendere in mano uno spray, i "gioca colora lavora" dell'Ipercoop, ma la prima cosa che provai a scrivere fu una frase piuttosto lunga e "politica" di "Sfida il buio" di Speaker DeeMo. I 3 colori che avevo comprato con i pochissimi soldi che avevo, non bastarono neppure a finire di tracciare la scritta.

Da quel giorno in poi, trovati alcuni compagni di scuola con cui condividere questi esperimenti e grazie al parroco di S. Francesco che ci permetteva di usare un muro dell'oratorio ed ai centri sociali, ho iniziato a dipingere un po' più regolarmente, anche se in modo assolutamente saltuario. Solo una volta uscito dalle superiori la cosa è diventata "seria": era il 97, avevo già  preso la prima multa, gli spray "per i graffiti" si compravano per telefono ed Aelle usciva in edicola.

Nello stesso anno più o meno, ho iniziato a collaborare con Stradanove, che con grande prova di "apertura mentale" per essere un portale finanziato da una istituzione, aveva previsto uno spazio dedicato al writing, che nel giro di pochi anni e per diverso tempo, è stato un punto di riferimento per la scena e, ho scoperto, anche per alcune indagini di polizia.

Perché un disegnatore, un artista, decide di armarsi di bomboletta spray e raccontare e raccontarsi su un muro? È un modo per lasciare un segno di sé in una città indifferente? È un tentativo di abbellire la città? O è un modo per alzare la voce, per comunicare in maniera forte un disagio, personale o collettivo?

Il writing è certamente uno dei modi più liberi di esprimersi: scrivi e disegni quello che vuoi, dove vuoi, l'unico limite è la tua coscienza. Si comincia per emulazione, credo, e si continua per il piacere di riuscire a fare quello che si ha in testa nel posto che si è scelto, nonostante tutto, nonostante tutti, in un serissimo gioco di gatto e topo con la società; un fenomeno svincolato dalle logiche di mercato (per chi dipinge, non per chi vende i colori o cancella le scritte) e che anzi, si basa sull'inversione di alcuni principi basilari del vivere civile.

Il writing ha una fortissima connotazione politica, anche se quasi nessuno degli "scrittori" ne è consapevole. Il messaggio sott'inteso ad ogni tag, ad ogni scritta ripetuta centinaia di volte sui treni e sui muri è che dove c'è la volontà , c'è il mezzo per realizzare quello che si ha dentro e che tutti hanno il diritto di esprimersi; le regole, l'estetica e le gerarchie che famiglia, media e istituzioni impongono non sono assolute, ognuno può ricrearsi una esistenza nel mondo del writing, l'ultimo dei reietti della società può diventare un "king". L'atto creativo con tutta la preparazione e lo studio che lo precedono, l'avventura dell'azione e vedere infine le proprie "opere" in giro per la città  o in movimento sui treni, crea una certa dipendenza e un senso di potere.

Il rovescio della medaglia è che imporre il proprio nome in città  già  sature di pubblicità , "rumore grafico", e di sistemi di controllo (telecamere, forze dell'ordine e tecnologia varia) senza finire in grossi guai non è facile nel medio e lungo termine.

I writers, un tempo figure quasi sotterranee, ai limiti della legge, oggi diventano star del design. È un’evoluzione del writing o semplicemente l’arte e il design stanno pescando a piene mani dall’arte di strada?

Il writing per forza di cose resta un fenomeno underground, quello che viene messo sotto i riflettori è solo una parte del fenomeno: diventati “adulti”, spesso fare graffiti diventa incompatibile con una vita "normale"; molti inoltre una volta intrapresa una "carriera artistica" come writer, sentono la necessità di sperimentare nuovi media e nuove forme di comunicazione, cominciando a preferire altri supporti ed altre situazioni. I graffiti diventano così per alcuni soltanto la porta di ingresso nel mondo dell'arte, della grafica, della fotografia, della tipografia o del design. I graffiti sono un incubatore straordinario per sviluppare delle abilità o per approcciare alcuni strumenti: la fotografia, indispensabile per conservare la memoria dei pezzi realizzati; imparare ad utilizzare photoshop e scanner, a miscelare i colori, a usare pennelli e pennarelli, a preparare le superfici; si impara il lavoro di squadra, si sviluppa una sana diffidenza per l'ambiente urbano, si impara a lavorare sotto stress e a risolvere situazioni.

Il writing è nato ormai 50 anni fa ed è entrato nel mondo ufficiale dell'arte da più di 30 perché è stato un fenomeno di rottura che ha portato una importante ondata di innovazione, sia nell'arte contemporanea che nel tessuto urbano. L'impatto con la società è stato dirompente e la forza di questo fenomeno ha investito tutti i campi della "creatività ", oltre ad essersi imposto all'attenzione di sociologi, urbanisti, architetti e amministratori pubblici e privati, con cui, volenti o nolenti devono fare quotidianamente i conti, spesso usandolo come tema elettorale o capro espiatorio.

Esiste una netiquette del writer?

Il writing è un fenomeno illegale per cui parlare di regole è una assurdità ; la "scena" si autogestisce con alcuni principi che però, come in ogni ambiente frequentato da tante persone, non sono sentiti e condivisi da tutti uniformemente. Non si scrive su luoghi di culto, su auto private, non si coprono scritte di altri o opere d'arte nella realtà  di tutti i giorni però vediamo furgoni e portoni antichi pieni di scritte, pezzi di Caio scarabocchiati da Sempronio etc. L'unica regola del writing è "scrivere in giro il proprio nome", possibilmente con stile, le altre regole le dettano il buonsenso dei singoli e le leggi dello stato che puniscono più duramente chi colpisce una superficie piuttosto che un'altra.

“Icone” è una delle tue “creature” più conosciute e riuscite. L’anno scorso l’edizione 5.9 ha prodotto nelle terre colpite dal terremoto del 2012 opere “gigantesche” (in tutti i sensi).

Icone è uno dei più longevi festival italiani di writing e street art, nato nel 2002 dalla collaborazione fra l'associazione culturale Fuori Orario, attiva a Modena dai primi anni 90 e di cui faccio parte, ed il Labo 27, uno studio di comunicazione presso il quale lavoravo.

L'obiettivo della manifestazione è sempre stato di ospitare i più interessanti ed attivi writer e street artist italiani ed internazionali facendoli intervenire su superfici fatiscenti messe a disposizione dall'amministrazione comunale per renderle più gradevoli e/o interessanti ed organizzare esposizioni in luoghi più o meno istituzionali.

Lo scorso anno, insieme a D406 - Fedeli alla linea, abbiamo deciso di proporre al comune di Modena e a tutti gli altri della provincia duramente colpiti dai terremoti del 2012, una iniziativa che portasse artisti di fama internazionale a dipingere nei diversi paesi per esprimere la nostra vicinanza alle persone provate dalla catastrofe e dare un piccolo contributo per tenere viva l'attenzione dei media sulla tragedia, sfruttando la grande attenzione  di cui questa forma d'arte sta godendo in questi anni. Sono state così dipinte pareti e container a Modena, S. Felice S.P., Mirandola, Medolla, Cavezzo, Camposanto, Rovereto di Carpi, Bastiglia e Bomporto.

L’arte di strada si nutre di graffiti, ma non solo…

La street art è un grosso calderone nel quale i media buttano un po' di tutto: dal writing agli sticker, dai "murales" agli stencil: il denominatore comune è che le opere vengono fatte o lasciate per strada ma i fenomeni in sé sono spesso molto differenti. Quello di cui mi occupo io, ed Icone, sono principalmente writing e "post graffitismo", ovvero ciò che viene fatto da artisti che provengono da un background di writing che hanno smesso di scrivere lettere e sono passati ad altri linguaggi. Attualmente, con l'enorme attenzione che tutto ciò che è etichettato come street art suscita, il problema principale è che ci sono in giro svariati "usurpatori", "gente che in strada non è mai andata neppure a comprare il pane" e si mette la giacca di street artist perché è trendy: in realtà sono dei classici, magari talentuosissimi, illustratori che dipingono muri.

Dall’arte di strada alla galleria d’arte. Raccontaci la tua esperienza come curatore dello Spazio Avia Pervia di Modena e quella attuale di socio della d406 Galleria d'arte contemporanea.

Il mio percorso da gallerista è frutto dell'esperienza di Icone: sin dalla prima edizione infatti abbiamo affiancato alla realizzazione di opere su muro, delle vere e proprie esposizioni in luoghi "istituzionali", in modo da tentare di avvicinare il maggior numero possibile di persone: quelle sensibili all'arte di strada ma anche quelle che se non vedono un disegno o una foto dentro a una cornice, non riescono a darle valore.

Tra il 2008 ed il 2009 ho poi partecipato a due bandi, vincendoli, il primo per giovani curatori, il secondo per l'apertura di attività  commerciali in una zona della città che il comune intendeva riqualificare. Così è nata Avia Pervia, non una vera galleria ma uno spazio espositivo / atelier nel quale nell'arco di 3 anni sono state fatte numerose mostre di artisti provenienti dal mondo del writing, ma anche performance di body art, esposizioni di fotografia di reportage, incontri di gastronomia, concerti.

A metà  del 2012 lo spazio, che per tanti motivi non era in grado di sostenersi economicamente, ha chiuso; contemporaneamente mi è stato chiesto di entrare a far parte della D406, una galleria storica di Modena. La proposta mi ha lusingato e dato l'opportunità  di proseguire, a livello professionale, l'esperienza iniziata con Icone. D406 - Fedeli alla linea, si occupa principalmente di disegno, illustrazione e street art / post graffitismo.

Quali sono gli artisti più interessanti che hai esposto?

Non farei dei distinguo fra gli artisti coi quali ho lavorato, tutti quelli che ho esposto godono della mia più profonda stima e ritengo costituiscano un pezzo importante della storia contemporanea del "post-graffitismo". Alcuni hanno già  raggiunto una fama internazionale più solida, per altri sarà  questione di tempo, altri ancora forse resteranno nell'underground: non sempre è solo questione di merito e capacità , i fattori che concorrono al riconoscimento da parte del grande pubblico e dei collezionisti sono molteplici e capita di vedere "arrivati" dei personaggi che a mio parere non lo meriterebbero. Nel mio piccolo cerco di sostenere chi ha fatto un percorso riconoscibile per arrivare a quello che sta facendo ora e lavora con passione sincera.

Suggerisci ai lettori di Stradanove un itinerario modenese all’insegna dei graffiti.

A Modena i luoghi più interessanti per quanto riguarda street art e writing sono senz'altro l'ex palasport di viale Molza, che porta sulle pareti opere di artisti di mezzo mondo trai quali Ericailcane, Blu, Nunca, Escif, James Kalinda, Font, Verbo e Bastardilla, l'ex AMC / Teatro delle passioni, dove è possibile ammirare uno dei primi lavori di Ericailcane, una grande parete di Ozmo e pezzi di alcuni dei più conosciuti writer italiani come Blef, Enko e Repo; il sottopassaggio di via del Mercato, con lavori di SatOne, CT, Kurz, Resko e Linea Piatta, il cavalcavia Cialdini e la polisportiva villa d'Oro, dove sono ancora visibili gli interventi dei brasiliani Os Gemeos, venuti in Italia nel 2005 grazie ad una importante agenzia di comunicazione.

A proposito ti preannuncio che il 17 maggio 2014, in occasione della notte bianca, verrà  presentata una mappa "virtuale" che renderà  consultabili online tutti i principali interventi di street art di Modena e provincia; in occasione di  questo evento, Aris e Reqvia dipingeranno due pareti presso il teatro delle passioni.