INTERVISTA A ROBERTO LA FORGIA

Stradanove incontra l'autore dell'intensa graphic novel targata Coconino press 'Il signore dei colori'

INTERVISTA A ROBERTO LA FORGIA

Un paesino di campagna, in Puglia, un gruppo di piccoli amici che ogni giorno, ad ogni ora, vive, scopre e cresce. La comparsa di un uomo, la nascita di un rapporto dai confini difficili da individuare, e ancora l'ingiustizia, l'isolamento, la maldicenza. Il Signore dei Colori è un potente romanzo a fumetti firmato Roberto La Forgia. Potente per le tematiche affrontate, ma anche per la narrazione e le scelte stilistiche dell'autore.

Quando nasce il tuo amore per il fumetto?    Il mio amore per il fumetto nasce sotto molti stimoli condivisi con mio fratello fin da quando eravamo piccolissimi. Abbiamo cominciato con una selezione molto ampia ma concentrata soprattutto sui talenti nostrani. I vecchi albi Bonelli e Frigidaire, Comix e i grandi Maestri quali Toppi, De Luca, Battaglia. Ricordo una grande varietà di stimoli e di "scuole" molto diverse tra loro ma tutte a loro modo portatrici di invenzioni.

Cosa racconta Il Signore dei Colori?    Il Signore dei Colori racconta di una relazione tra un adulto e un bambino in cerca di attenzione. La relazione sessualmente perversa nasce da un autentico incontro affettivo tra i due. Ho voluto mettere in gioco una questione complessa, spesso frettolosamente mostrificata e quindi trattata con la superficilità dei toni forti. Ne Il signore dei colori ho esplorato la bontà del male e la sua umanità.

Parlare di pedofilia, parlarne oltretutto attraverso il fumetto, comporta un lavoro minuzioso e attentissimo su dialoghi e disegni. Quanto tempo hai lavorato sul “Signore dei Colori”? Quali “accorgimenti” hai dovuto prendere per trattare un argomento così delicato?    Ho lavorato su questo libro per cinque anni. Un periodo di forte concentrazione da cui adesso sto cercando di riprendermi per affrontare nuovi progetti. Il lavoro di scrittura ha coinvolto i primi di tre anni ma si è protratto lungo la fase di disegno e di ultimizzazione del tutto.
Inizialmente ho avuto molte difficoltà a tracciare la psicologia del pedofilo e a individuarne tutte le sfumaturale del suo carattere. Un primo escamotage per trovare un ingresso in una psicologia così complessa è stato quello di affidargli un lavoro in qualche modo vicino al mio (io faccio fumetti, lui li vende) e una passione per la lettura di tanti albi a fumetti popolari che condivido. Ma questo è stato solo un primo aggancio. Per il resto ho provato a scavare non solo nella sua sfera sessuale. Volevo ritrarre un essere umano nella sua completa complessità senza limitarlo alla sua libido. Anche con Paolo, il bambino che incontra questo rivenditore di fumetti, ho cercato di allargare il campo d'indagine cominciando dalle piccole cose, dal suo modo di scherzare, dal ruolo che gioca nel gruppo. Questi due personaggi, i protagonisti principali, sono quelli che parlano meno lungo tutto il racconto.

Esiste un vero mostro nel tuo libro?    No. I mostri non esistono quindi non esistono neanche nel mio libro. Non voglio neanche venderti formule facili tipo "il vero mostro è l'ignoranza o la superficialità". Anche queste sono caratteristiche profondamente umane. La tendenza alla mostrificazione è ipocrita e inconcludente.

Dove nascono i bambini protagonisti del tuo racconto? Ricordi d’infanzia?     Luca e Gianni in particolare - i due ragazzini più grandi amici del piccolo Paolo - sono due ritratti frutto di un mix del mio carattere e quello dei miei compagni quando eravamo ragazzi.

Perché hai scelto di rendere i tuoi personaggi “essenziali”, senza particolari caratterizzazioni dal punto di vista grafico?    Per fare economia e non sovraccaricare lo sforzo visivo del lettore. Troppi suggerimenti, troppi stimoli avrebbero confuso il lettore (nel caso di questo libro). Il design dei personaggi l'avevo abbozzato in una storia breve sull'antologia "Gli intrusi". Adesso, dopo alcuni tentativi, sono molto diversi da come erano cinque anni fa (sia graficamente che psicologicamente).

Il tuo tratto denota un amore per le strisce classiche italiane e americane.

Quali sono le tue influenze artistiche?    Sergio Toppi, Gianni De Luca, Guido Crepax, Igort sono gli autori che mi hanno insegnato a piegare il fumetto alle mie esigenze e a concepire tutti gli ingredienti del fumetto come unità narrative. Daniel Clowes, Seth, Rabagliati, Giacomo Nanni e tanti altri sono autori che seguo con molto interesse.

Come sei arrivato alla pubblicazione con Coconino?    Ho conosciuto Igort circa dieci anni fa, poco dopo la nascita di Coconino. Da quell'incontro è nato uno scambio vivo e stimolante. Adesso siamo amici e continuiamo a intrecciare le nostre visioni come il primo giorno in cui ci siamo incontrati. Igort per me è un riferimento molto forte non solo come autore ma anche come modello di animatore culturale e artista completo.

Un fumetto e un autore poco conosciuti che ci consigli di recuperare.    Vorrei vedere una ristampa definitiva dello Shakespeare di De Luca, dell'opera di Massimo Mattioli, delle storie a fumetti di Franco Matticchio e "Non mi sei mai piaciuto" di Chester Brown. Tutte cose che vorrei inoltre curare personalmente.

Su cosa stai lavorando ora?
   Su troppe cose.

Cosa pensi del Progetto di raccolta pubblica di disegni, tavole originali a fumetti, disegni d'animazione e illustrazioni promosso dal Museo civico di Modena? Hai qualche suggerimento da darci?
   Nessun suggerimento. Dovrei prima vedere qualcosa. So di avere un debito con Modena per avermi fatto conoscere attraverso le pagine di Comix che sfogliavo da ragazzino le tavole di Quino e le strisce di Gary Larson.