GUATEMALA, ETERNA IMPUNITÀ?

Stradanove ha raccolto la testimonianza di Giacomo, un modenese partito per un’esperienza di volontariato nella Repubblica presidenziale del centro America

GUATEMALA, ETERNA IMPUNITÀ?


Mi chiamo Giacomo e sono un ragazzo di Modena (laureatosi a Bologna in Scienze Politiche) che alterna da sempre la vita e il lavoro sulla Via Emilia, in qualità di educatore, a parentesi estere fra Brasile, Ecuador, México e Guatemala, col pallino – o il destino, forse – di una meta: l'America Latina.

Proprio in questa terra, a Nebaj, nella regione Maya Ixil, un luogo attraversato da profonde spaccature sociali e discriminazioni sessiste, ho condotto la mia ultima esperienza di volontariato, affiancando donne vittime di violenza e subordinazione. Quella che ho visto e registrato è la realtà che sto per raccontarvi. E quella che trovate di seguito, per contattarmi o leggere altri miei scritti, è la mia mail: geckoriented@gmail.com


Cittá del Guatemala, 19 marzo 2013. La Piazza dei Tribunali della capitale guatemalteca é tagliata in due da una fila di persone, in attesa. Ci sono tante donne, maya e ladinas, uomini, maya e ladinos, alcuni giovani. Sembra una metafora della spaccatura dell’opinione pubblica, in questi giorni cruciali per la Storia di questa terra. Innumerevoli striscioni sono appesi alle cancellate del Palazzo di Giustizia, dicono “Sí hubo genocidio y violación sexual”, mentre altri, sorretti da ex membri delle Patrullas de Autodefensa Civil, affermano il contrario, riprendendo un’affermazione dell’attuale capo di governo, Otto Pérez Molina.

Sono le 8 di mattina e a breve, nella Sala A del Tribunale di Maggior Rischio della Corte Suprema di Giustizia, avrá inizio il processo per genocidio contro l’ex generale e capo di stato José Efraín Ríos Montt, e contro l’ex generale a capo dell’intelligenza militare durante i primi anni ’80, José Mauricio Rodriguez Sánchez. É un evento storico, per il Paese, lo è e a livello mondiale: é la prima volta che viene processato un ex capo di stato per genocidio da un tribunale nazionale. Tra le imputazioni a carico degli accusati c’é lo sterminio di almeno 1.771 persone del popolo. Maya Ixil, nella regione del Quiché; l’aver costretto migliaia di persone ixil a rifugiarsi sulle montagne, dove per anni hanno dovuto sopravvivere in condizioni di vita inverosimili, e altri crimini di genocidio e di lesa umanitá contro la popolazione Maya Ixil, azioni che si sono concentrate nella loro brutalitá nel 1982 e 1983, ormai piu di trenta anni addietro.

Questa strategia - definita di tierra arrasada (terra bruciata) per eliminare il presunto sostegno popolare alla guerriglia - rispondeva ai Piani militari Victoria e Sofia, pensati e implementati dall’esercito comandato dall’ex generale e capo di stato Ríos Montt. Se tutto questo costituisce crimine di genocidio, lo deciderá il Tribunale presieduto dalla giudice Yasmín Barrios, la quale é giá esperta di processi ad alto rischio essendo stata giudice nel caso Gerardi e successivamente nel caso del massacro de Las Dos Erres, casi che hanno marcato precedenti fondamentali per la lotta all’impunitá in Guatemala.


Tra le prove raccolte dall’accusa, oltre alle dichiarazioni di circa 130 testimoni oculari dell’accaduto, spiccano vari documenti – tra cui i Piani Militari giá menzionati – perizie di esperti e materiali audiovisuali dell’epoca. Secondo conoscitori del sistema giudiziario nazionale, si prevede che nel giro di due o tre mesi si arriverá a una prima sentenza.
Mentre si cerca di stabilire la veritá e contribuire alla giustizia storica per le popolazioni guatemalteche rispetto alle atrocitá commesse durante gli anni del conflitto armato, nell’attualitá la situazione continua ad essere molto preoccupante, tanto che l’Ufficio dell’Alto Commissionato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani nel suo report sulla situazione dei diritti umani nel Paese - presentato il 18 marzo – richiama urgentemente lo Stato ad assumere la propria responsabilità di protezione delle persone che sono in prima linea nella difesa del diritto alla terra e al territorio, dei diritti economici, sociali, culturali e dei popoli originari, tra altri.

È allarmante infatti notare come nelle ultime settimane le aggressioni contro rappresentanti di movimenti sociali e le organizzazioni locali siano aumentate drammaticamente, così come si sia acuito il clima di criminalizzazione contro i difensori dei diritti umani -e in particolare contro quante e quanti difendono il proprio territorio dalle infiltrazioni delle transnazionali-. Lo stesso Presidente guatemalteco, l’ex generale Otto Pérez Molina,  durante una visita in Spagna lo scorso 13 Febbraio ha affermato che il Governo ha identificato e mantiene sotto osservazione e controllo i membri di organizzazioni ambientaliste. Poche settimane dopo tali dichiarazioni, viene arrestato a Huehuetenango Rubén Artemio Herrera, dirigente del Consejo de Pueblos de Occidente e riconosciuto leader dei movimenti di difesa del territorio, particolarmente attivo nella resistenza pacifica della popolazione di Santa Cruz Barrillas contro Hidralya, transnazionale spagnola.

L’8 marzo viene assassinato Carlos Hernandez, dirigente della protesta a Chiquimula contro un’impresa mineraria, e il 17 Marzo vengono sequestrati quattro dirigenti del popolo Xinca, anche loro in prima linea per i diritti dei popoli originari e per la difesa del territorio: Rigoberto Aguilar, Rodolfo González e Roberto González, che successivamente sono riusciti a scappare dai loro sequestratori, e Exaltación Marcos, il cui corpo privo di vita e torturato è stato ritrovato il giorno seguente.

A livello nazionale e internazionale i movimenti e le organizzazioni impegnate nella difesa del territorio e per i diritti sociali economici e politici dei popoli originari stanno rafforzando il coordinamento e continuano a denunciare con forza questi crimini, sapendo che la lotta sará lunga e faticosa. In questo contesto di violenza politica, che segue le stesse dinamiche di oppressione giá vissute dalla popolazione durante il conflitto armato, l’inizio del processo per genocidio contro Ríos Montt e Rodriguez Sánchez e una eventuale condanna degli imputati, se non risolverá la situazione attuale di violazione dei diritti umani nel Paese, rappresenta sicuramente, nelle parole di Alberto Fuentes, tra i coordinatori dell’Archivio Storico della Polizia Nazionale: “un’ulteriore frattura nel sistema una volta considerato granitico dell’impunitá in Guatemala”.